Nota del redattore Oltre 5 milioni di americani attualmente hanno il morbo di Alzheimer, la forma più comune di demenza. Un terzo delle persone di età superiore ai 70 anni, pur non avendo una demenza clinica, ha una perdita di memoria abbastanza grave da disturbare la loro routine quotidiana. Medscape ha recentemente parlato con l'esperto della memoria Felipe De Brigard, PhD, professore associato presso il Centro di neuroscienze cognitive della Duke University, riguardo alla nostra progressiva comprensione di come funziona la memoria e agli interventi che stanno mostrando delle possibilità di prevenire questa condizione incredibilmente diffusa.
Medscape Per decenni, i libri di testo ci hanno insegnato che l'ippocampo è "centro della memoria" del cervello. Ma il suo lavoro e quello degli altri suggeriscono che, [...]
[...] come per la maggior parte delle funzioni mentali, la realtà non è così semplice, che ci sono più regioni del cervello coinvolte nella memoria e che l'ippocampo ha funzioni al di là della memoria. Qual è lo stato attuale della conoscenza scientifica su come si formano i ricordi?
Felipe De Brigard Uno dei risultati più importanti della neuroscienza della memoria, durante il secolo scorso, è stata l'osservazione che l'ippocampo è fondamentale per la nostra capacità di ricordare episodi della vita. Dopo la rimozione chirurgica dell’ippocampo, nel 1957 per il trattamento di un’epilessia grave, Henry Molaison, meglio conosciuto con le iniziali H.M., risultò incapace di memorizzare nuove esperienze. Le persone che incontrava dopo l'intervento erano sempre sconosciuti per lui e i luoghi che visitava erano sempre nuovi, come qualsiasi cibo e avvenimento. Questa scoperta ha fatto pensare che l'ippocampo fosse il "centro della memoria".
Tuttavia, la realtà è molto più complessa. In primo luogo, H.M. non ha realmente perso completamente la memoria. Ricordava ancora i fatti personali passati, così come gli eventi che non aveva vissuto in prima persona, per esempio, le vecchie notizie sul mondo e le informazioni geografiche. L'ippocampo, quindi, non sembrava essere così necessario per il recupero delle informazioni precedentemente memorizzate. Sembrava essenziale solo per la conservazione o la codifica di tali informazioni.
Ulteriori studi su H.M. hanno dimostrato che era ancora in grado di apprendere nuove informazioni procedurali, nonché di acquisire nuove abitudini e nuove competenze. Quindi la codifica della memoria non era stata totalmente compromessa.
Inoltre, ulteriori studi, non solo su H.M., ma anche su altri pazienti ed individui sani, utilizzando diverse tecniche di neuroimaging, hanno dimostrato che l'ippocampo era cruciale per altri compiti cognitivi, oltre al ricordo episodico. Ora sappiamo, per esempio, che abbiamo bisogno dell'ippocampo per congetturare i possibili modi in cui dei fatti personali potrebbero essere avvenuti in passato o potrebbero verificarsi in futuro, in particolare quando tali simulazioni mentali richiedono la ricombinazione delle informazioni passate in scene spaziali coerenti. Ulteriori studi hanno dimostrato che l'ippocampo è necessario per elaborare alcuni compiti complessi di discriminazione spaziale e visiva, così come alcune tipologie di operazioni linguistiche.
In sintesi, dire che l'ippocampo è il centro della memoria è, nella migliore delle ipotesi, incompleto e, nel peggiore dei casi, fuorviante.
Come si formano i ricordi?
Medscape Ci può riassumere come si formano i ricordi e come si conservano?
Felipe De Brigard Questa è in realtà una domanda difficile, alla quale possiamo rispondere solo in modo generale, perché molti dettagli sono ancora sconosciuti o poco chiari. Inoltre, come avviene per le neuroscienze e, per essere precisi, per tutta la biologia, queste spiegazioni coinvolgono molti livelli diversi.
Nel caso della memoria, parliamo di variazioni che si verificano a livello molecolare, sinaptico, cellulare e anche a livello di sincronizzazione e di rete neurale. Detto questo, quando si parla di formazione della memoria e della sua conservazione, gli scienziati di solito indicano tre fasi distinte: la codifica, il consolidamento ed il recupero.
Per "codifica" si intende il processo con cui l'informazione percepita è resa idonea ad essere conservata nella memoria. Nel caso di ricordi episodici - cioè ricordi di particolari eventi personali, di cui possiamo ricordare i contesti spazio-temporali - questo processo richiede una ripetizione nella memoria di lavoro delle informazioni da memorizzare.
La seconda fase è il "consolidamento" in cui le informazioni codificate vengono stabilizzate, presumibilmente in una più duratura "traccia di memoria." Gli scienziati normalmente distinguono due tipi di consolidamento: il consolidamento sinaptico, cioè le modifiche che si verificano a livello sinaptico in modo che un particolare ricordo si stabilizzi, ed i sistemi di consolidamento, cioè il coinvolgimento di macrostrutture del cervello necessarie per la formazione delle tracce di memoria.
Entrambi i tipi di consolidamento interagiscono, anche se differiscono nella temporizzazione; il consolidamento sinaptico avviene nei neuroni delle strutture cerebrali coinvolte nel consolidamento del sistema. Il consolidamento a livello dei sistemi coinvolge l'interazione tra l'ippocampo e le cortecce sensoriali del cervello in cui l’informazione codificata è stata percettivamente elaborata. L’opinione tradizionale suggeriva che, in qualche modo, l'ippocampo era necessario per "registrare" lo schema dell’attivazione cerebrale in tutta la corteccia sensoriale, ed era riattivato al momento del recupero.
Secondo la visione tradizionale, si riteneva anche che l'ippocampo fosse inutile per il reperimento delle informazioni che, in realtà, è guidato dalla corteccia prefrontale. (Questo aiuta a spiegare, per esempio, perché H.M. ricordava episodi remoti del suo passato pur non avendo più l’ippocampo). Ora, però, si pensa che l'ippocampo agisca in tutte le fasi, sebbene questa opinione rimanga controversa. In entrambi i casi, quello che risulta chiaro è che il recupero delle informazioni memorizzate richiede che in qualche modo il cervello ripristini lo stato in cui era durante la codifica.
Medscape Quali aspetti della memoria si indeboliscono nelle malattie neurodegenerative più comuni, come il morbo di Alzheimer?
Felipe De Brigard Malattie neurodegenerative diverse hanno effetti differenti sulla memoria. Il morbo di Alzheimer, per esempio, tende a manifestarsi inizialmente con difficoltà della memoria episodica, in particolare difficoltà di codifica e recupero delle informazioni relazionali, come ad esempio le informazioni che coinvolgono le connessioni tra degli elementi, o tra gli elementi ed il loro contesto di codifica. [Nota del redattore: In altre parole, la memoria episodica ci consente di ricordare eventi specifici nella nostra vita.] Altre malattie neurodegenerative, come il morbo di Parkinson, che comportano il deterioramento della sostanza nera nel mesencefalo, sono associate a difficoltà nell’apprendimento di alcune associazioni che richiedono un immediato feedback. Alcune varianti di demenza frontotemporale, come la demenza semantica, tendono ad essere associate a difficoltà nel recuperare parole o significati, e sono caratterizzate da disturbi del linguaggio.
Purtroppo, molti di questi sintomi peggiorano considerevolmente con il tempo, perciò è importante consultare il medico non appena si inizia a notarli.
Come si può conservare la memoria?
Medscape Quali strategie, farmacologiche o meno, hanno mostrato un elevato beneficio nel preservare la memoria?
Felipe De Brigard Per quanto ne so, non disponiamo di dati sicuri su interventi farmacologici che aiutino a prevenire il normale decadimento della memoria. Tuttavia, i dati suggeriscono che i trattamenti farmacologici siano utili alle persone con decadimento cognitivo lieve o demenza precoce. Si sa che la ginnastica aerobica, una vita sana, ricca e intellettualmente vivace sono utili per rallentare la progressione dei deficit di memoria che si verificano con l'età. Allo stesso modo, dormire bene e concentrare l'attenzione sul compito che si sta svolgendo, in altre parole, evitando di fare tante cose contemporaneamente aiuta a consolidare le informazioni per il recupero futuro.
Il nostro laboratorio utilizza solo metodi comportamentali e di neuroimaging. Tuttavia, una recente ricerca di Maria Cotelli e collaboratori ha esaminato un gran numero di dati su interventi non farmacologici nel decadimento cognitivo lieve e nel morbo di Alzheimer precoce. Hanno scoperto che alcune forme di terapia di intervento sulla memoria, che possono o meno includere una stimolazione cerebrale non invasiva, sembrano migliorare le prestazioni di certe mansioni, in particolare se affiancate alla terapia farmacologica. La mia sensazione, però, è che sia necessaria ancora molta ricerca per valutare appieno quanto questo tipo di interventi possano selettivamente migliorare le prestazioni della memoria nell'invecchiamento patologico e non-patologico.
Medscape Alcuni dei dati più significativi su come ritardare o prevenire la demenza comprendono l’esercizio fisico e indicazioni dietetiche. Può parlarci specificamente di questi approcci?
Felipe De Brigard Come ho già detto nella domanda precedente, uno stile di vita sano, sia per il corpo che per la mente, sono le migliori strategie per mantenere la nostra memoria in buono stato.
Mi piace anche sottolineare l'importanza del prestare attenzione alle informazioni che vogliamo codificare. Nel mondo di oggi, la gente ama svolgere contemporaneamente diversi compiti. Ma, purtroppo, il multitasking è molto dannoso per il consolidamento della memoria. Come ho detto prima, l'attenzione e la memoria di lavoro sono essenziali per codificare le informazioni. Se si dedica la propria attenzione a due eventi, uno di loro non viene codificato pienamente; o nel migliore dei casi, si finisce per codificare a metà entrambi. Quando si tratta di agire per migliorare la propria memoria, è importante ricordare tutte e tre le fasi: codifica, consolidamento e recupero, perché la memoria non è un processo singolo.
Medscape Che dire dei programmi che esercitano il cervello, dei puzzle e delle parole crociate?
Felipe De Brigard Da quello che ho capito, c’è una chiara evidenza che questo tipo di programmi e applicazioni "di allenamento del cervello" né ci rendono più intelligenti né rallentano il progressivo declino della memoria o cognitivo. Tuttavia, ci sono prove che una vita attiva, sia fisicamente che intellettualmente, aiuta a ritardare molti sintomi del declino cognitivo, e può anche rendere il declino meno precipitoso. Raccomando, quindi, questa tipologia di stile di vita.