13 settembre 2010 - I ricercatori di tre importanti istituti statunitensi, il Dana-Faber Cancer Institute dell’Harvard Medical School e il Brigham and Women’s Hospital di Boston, hanno pubblicato sul Journal Clinical Oncology i risultati della loro analisi multicentrica effettuata su 342 pazienti e sui loro familiari coinvolti nell’assistenza. A questi ultimi, in particolare, è stata indirizzata una serie di interviste strutturate e validate per valutare sia la qualità di vita dei propri congiunti da loro percepita nelle ultime due settimane di vita sia il loro stato mentale a sei mesi dal decesso. I dati dimostrano che, secondo gli intervistati, i pazienti deceduti in unità di cura intensiva o in ospedale presentavano una minore qualità di vita rispetto a coloro che erano morti a casa assistiti dai servizi di cure palliative. Così come i familiari dei pazienti che erano deceduti in un’unità di cura intensiva presentavano a sei mesi una maggiore probabilità di incorrere in un disordine psichiatrico correlato allo stress post traumatico, coloro che avevano vissuto il decesso del proprio congiunto in ospedale erano soggetti a un più elevato rischio di un prolungato lutto patologico rispetto alle persone il cui familiare era morto a casa con l’assistenza delle cure palliative.
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