I fatti principali
- La dispnea è la sensazione soggettiva di un malessere respiratorio.
- Rappresenta una causa ricorrente di grave sofferenza nelle persone con una malattia avanzata e terminale.
- L’affanno dovrebbe essere controllato di routine nei pazienti con una malattia avanzata e può essere ridotto con un trattamento adeguato.
- I trattamenti migliori per la dispnea refrattaria sono [..] [..] la riabilitazione polmonare e la somministrazione orale di basse dosi di oppioidi.
- Non ci sono evidenze a sostegno dell’uso delle benzodiazepine e della somministrazione di ossigeno (in assenza di grave ipossiemia) o sono deboli e non si consigliano questi interventi per la dispnea refrattaria.
- Bisogna prendere in considerazione un rinvio precoce a cure specialistiche (comprese le cure palliative) se la causa non è chiara o se la risposta al trattamento è insufficiente.
La dispnea: sensazione di fatica respiratoria, è una delle principali cause di difficoltà nell’agire e di sofferenza in tutto il mondo ed è comune tra gli anziani e nelle persone con malattia avanzata. Un’adeguata valutazione e trattamento della dispnea sono fondamentali per migliorare la qualità della vita dei pazienti.
È importante sottolineare che la sensazione di mancanza di respiro che persiste nonostante una terapia specifica per la malattia può essere alleviata in molte persone. Questa ricerca si concentra sulla gestione della dispnea refrattaria, definita come dispnea a riposo o da sforzo limitato, che perdura nonostante un trattamento ottimale della patologia di base, nella malattia cronica avanzata, o nella terminalità.
Fonti e criteri di selezione
Si sono consultati Medline, Cochrane Database of Systematic Reviews, gli indici degli studi più importanti, le linee guida e i documenti di consenso, e le note personali utilizzando i termini “dispnea” e “affanno”, ponendo l’attenzione sulle revisioni sistematiche, le meta-analisi, gli studi randomizzati controllati e osservazionali di alta qualità, in pazienti con malattia avanzata o terminale.
Che cos’è la dispnea?
L’American Thoracic Society definisce la dispnea come “l'esperienza soggettiva di un disagio nel respirare che consiste in sensazioni qualitativamente distinte che variano di intensità”. Secondo l’attuale modello neurofisiologico, la dispnea è la consapevolezza di una mancata corrispondenza tra l’urgenza ventilatoria (il bisogno di respirare) e la ventilazione ottenuta (il potere respiratorio).
È importante sottolineare che la dispnea è una sensazione e non una variabile fisiologica. La presenza e la gravità della dispnea non possono essere previsti in misura sufficiente in un dato individuo per mezzo di variabili quali la saturazione di ossigeno, la frequenza respiratoria ed il volume espiratorio forzato in un secondo. Una sgradevole dispnea può essere presente nonostante un tasso di respirazione normale mentre può essere assente nei pazienti con una grave compromissione respiratoria. Bisogna chiedere ai pazienti quali sono i loro sintomi.
Frequenza nella malattia avanzata e terminale
La dispnea cronica, spesso definita come presenza di affanno per più di 4-8 settimane, è molto diffusa nella popolazione, soprattutto nelle persone con una malattia avanzata, e spesso si intensifica con l’avvicinarsi della morte. In uno studio nell’Australia meridionale, il 9% della popolazione e il 17% delle persone di più di 65 anni hanno avuto dispnea cronica. In un analogo studio norvegese, il 13% della popolazione generale ha sperimentato le limitazioni derivanti dall’affanno mentre il 5% ha riferito una dispnea grave. Tra i 1.556 pazienti ricoverati in cinque ospedali terziari negli Stati Uniti, circa il 50% ha segnalato dispnea.
In una rassegna sulla malattia avanzata e terminale, l’incidenza della dispnea era alta nelle varie diagnosi: cancro (16-77%), insufficienza cardiaca cronica (18-88%), malattia renale (11-82%) e particolarmente elevata nella broncopneumopatia cronica ostruttiva (56-98%).
In uno studio prospettico, l’incidenza della dispnea tra i 5862 pazienti di cure palliative specialistiche è aumentata dal 50% al 65% negli ultimi tre mesi di vita. I pazienti oncologici avevano meno dispnea complessiva rispetto ai pazienti con patologie non-maligne, ma la mancanza di respiro aumentava maggiormente prima della morte, mentre i pazienti con altre diagnosi in media avevano dispnea più grave e costante, spesso per molti anni.
Nonostante ricevessero cure palliative specialistiche, il 26% dei pazienti riferiva una grave dispnea durante gli ultimi tre mesi di vita. I pazienti in uno stadio di malattia avanzato devono essere monitorati attentamente dato che l’evoluzione clinica è molto variabile. Si stima che circa il 60% di tutte le persone che muoiono nei paesi ad alto reddito abbiano bisogno di cure palliative a un certo punto.
Qual è l’impatto della dispnea?
Sia i pazienti che il personale indicano l’affanno come un sintomo sgradevole.
Per ridurre la dispnea, i pazienti limitano la loro attività fisica Diversi studi osservazionali collegano la dispnea ad uno stile di vita più sedentario, indebolente (diminuzione della prestanza fisica), con più ansia e depressione, con una compromissione della qualità della vita, una perdita della volontà di vivere con l’avvicinarsi della morte, un aumento della probabilità di un ricovero in ospedale e un’anticipazione della morte. La dispnea può peggiorare in una spirale di sintomi interagenti - può, per esempio, sia causare ansia e poi peggiorare come conseguenza dell'ansia.
Come si misura?
Il metodo ideale per misurare la dispnea è in base a ciò che riferiscono i pazienti. In un recente studio trasversale in pazienti con cancro al polmone, la concordanza tra i pazienti ed i medici nella valutazione della dispnea era solo del 45%.
Esistono diverse modalità per la misurazione dei diversi aspetti della dispnea quali: l'intensità, la sgradevolezza e l’impatto funzionale. I pazienti dovrebbero utilizzare uno strumento semplice, come ad esempio una scala di valutazione numerica, per valutare la gravità della loro dispnea. Si può chiedere di valutare la gravità della dispnea “nel momento presente”, o come una media nel corso delle ultime 12 o 24 ore, a seconda della situazione clinica.
Una scala di valutazione numerica a 11 livelli tra 0 (nessun affanno) e 10 (massimo affanno possibile) è affidabile e valida per registrare le modifiche della dispnea nei singoli pazienti. Lo stesso strumento deve essere usato per misurare le variazioni nel tempo e la risposta alla terapia. Secondo una recente analisi combinata delle sperimentazioni sugli oppioidi nella dispnea cronica, si è rilevato che una differenza di 1 punto su una scala di valutazione numerica rappresentava una variazione clinicamente significativa nella dispnea cronica da parte dei pazienti.
Nelle persone con patologie gravi che non sono in grado di riferire su di sé, la gravità della dispnea può essere stimata utilizzando la scala osservazionale validata del disagio respiratorio, basata su 8 variabili cliniche stimate dall’osservatore.
Come valutarla?
La dispnea può essere la prima manifestazione di una malattia o può rappresentare il peggioramento di una condizione pre-esistente. La valutazione della dispnea dovrebbe identificare tutte le cause concorrenti suscettibili di trattamento, insieme alla raccolta dell’anamnesi clinica, ad un esame fisico e alla richiesta degli esami di base. L’approfondimento della valutazione deve essere indirizzato dalla volontà del paziente, dai vantaggi previsti e dai danni derivanti dalle indagini e da interventi successivi, nonché dallo stadio della malattia.
In uno studio su 129 pazienti di 60 o più anni assistiti in cure primarie, la dispnea cronica era principalmente associata a malattie respiratorie (53%), malattie cardiache (21%), obesità (16%) e decondizionamento (4%).
Le diagnosi differenziali includono l’asma, la broncopneumopatia cronica ostruttiva, la malattia polmonare interstiziale, l’insufficienza cardiaca, la cardiopatia ischemica, l’anemia, l’embolia polmonare cronica, il versamento pleurico, l'obesità, e le malattie neuromuscolari. In ogni patologia avanzata, la dispnea aumenterà con l’aumentare della cachessia.
Le principali cause della dispnea cronica e le caratteristiche cliniche associate
In una ricerca è stata esposta una storia completa e una valutazione medica per identificare correttamente il 55% delle cause definitive di dispnea inspiegabile.
Una storia di dispnea, tosse produttiva (espettorato) e palpitazioni suggerisce una malattia cardiopolmonare.
L’affanno descritto come "senso di costrizione toracica" è indicativo di broncospasmo causato dall’asma.
La dispnea che peggiora stando sdraiati (ortopnea) è non-specifica e si osserva nei pazienti con insufficienza cardiaca, broncopneumopatia cronica ostruttiva, obesità, e compromissione neuromuscolare.
Un algoritmo diagnostico strutturato comprendente i test di laboratorio di base, la radiografia del torace, l’elettrocardiogramma, la spirometria, e le indagini supplementari caso per caso, può stabilire una causa di fondo per la dispnea nella maggior parte dei pazienti.
In almeno il 20% di loro ci sono diverse concause. Se la causa della dispnea cronica rimane poco chiara, o se i pazienti hanno una grave sofferenza o sono presenti fattori complicanti, un precoce rinvio al cardiologo, allo pneumologo, o ad una clinica del respiro potrebbe essere considerato.
Quale approccio per la gestione?
Il trattamento della dispnea implica interventi quali il sostegno psicosociale ed ausili per la deambulazione, il trattamento ottimale delle malattie e complicazioni di base, la palliazione dei sintomi coesistenti come il dolore che contribuisce all’affanno, e il trattamento diretto contro il decondizionamento e la sensazione stessa di mancanza di respiro.
Ci sono evidenze di I livello per l’utilizzo della riabilitazione polmonare, soprattutto nelle persone con broncopneumopatia cronica ostruttiva e per il trattamento sistemico, a basso dosaggio, di oppioidi a rilascio prolungato nei pazienti con malattia in stadio avanzato. La somministrazione di ossigeno, in assenza di grave ipossiemia, e le benzodiazepine non sono supportati nella dispnea da valide evidenze di un netto beneficio clinico.
Principi di gestione della dispnea. Il trattamento è da prescrivere per le cause di base ma anche per la sensazione di affanno stesso e va aumentato a seconda della gravità dei sintomi, della disponibilità e del costo dei trattamenti, nonché degli effetti benefici e negativi per i singoli pazienti
Il trattamento sintomatico sottodosato rimane un problema importante.
In uno studio di popolazione basato su pazienti oncologici, il 9% è ricorso al pronto soccorso durante gli ultimi 6 mesi di vita e il 5% nel corso delle ultime 2 settimane. Le ragioni principali erano: dolore, malessere, nausea, costipazione e dispnea che sarebbero evitabili con un adeguato trattamento sintomatico e di follow-up. La gestione dovrebbe, soprattutto, affrontare i desideri, le aspettative, le paure e le preoccupazioni del paziente, della famiglia e del personale. I pazienti possono essere preoccupati degli effetti collaterali dei farmaci, della dipendenza, della tolleranza e dell’avvicinarsi della fine della vita.
Un approccio è quello di sviluppare un modello di trattamento che affronti le cause di base, quando possibile e che tratti allo stesso tempo il sintomo stesso.
Se la causa della dispnea non è chiara, se i sintomi causano notevole disagio, o se vi è una risposta insufficiente sulla dispnea rispetto al trattamento, bisogna prendere in considerazione il rinvio a cure specialistiche (incluse le cure palliative).
Quali interventi non farmaceutici sono disponibili per la dispnea refrattaria?
Riabilitazione polmonare
Esistono sempre più prove che la riabilitazione polmonare diminuisce la dispnea, aumenta la capacità di attività e migliora la qualità della vita nei pazienti con una limitazione cardiopolmonare sintomatica.
Un’analisi Cochrane su 12 studi (323 pazienti) ha mostrato un miglioramento clinicamente significativo della dispnea in base al questionario respiratorio cronico (media 1,1 punti, intervallo di confidenza 95% 0,9-1,3) rispetto alle cure tradizionali. I pazienti inseribili sono quelli che manifestano affanno almeno quando allungano il passo in piano o camminano in lieve salita. La maggior parte delle evidenze riguarda la broncopneumopatia cronica ostruttiva, ma ci sono alcune prove di beneficio anche nella malattia polmonare interstiziale e in oncologia.
La riabilitazione multidisciplinare dovrebbe essere prolungata per almeno sei settimane e comprendere esercizi di resistenza e forza, tecniche per migliorare la respirazione e la possibilità di smettere di fumare, il trattamento ottimale delle condizioni di base e un supporto nutrizionale e psicosociale.
La riabilitazione polmonare è utile e sicura nei pazienti con comorbidità stabile, comprese anche le malattie cardiovascolari e l’insufficienza respiratoria. Sono necessari dati attendibili a livello mondiale sugli effetti a lungo termine e su come migliorare la ventilazione e l’applicazione dei programmi di riabilitazione adattati ai pazienti con malattia avanzata.
Servizi di supporto multidisciplinari
In un recente studio randomizzato a singolo cieco su 105 pazienti consecutivi con malattia in stadio avanzato (il 54% con broncopneumopatia cronica ostruttiva, il 20% con cancro, e il 18% con malattia polmonare interstiziale), la “padronanza” del paziente sulla dispnea è stata migliorata da un servizio multidisciplinare di supporto al respiro, che coinvolgeva la medicina respiratoria, la fisioterapia, la terapia occupazionale e le cure palliative.
Nel campo della padronanza del questionario respiratorio cronico la differenza media è stata 0,58 (IC 95% 0,1-1,15) nell’arco di 6 settimane rispetto alla cura tradizionale, ciò potrebbe essere clinicamente importante per i pazienti. È interessante notare che l’intervento multidisciplinare è stato anche associato a un miglioramento della sopravvivenza.
Ventilazione non invasiva
In un recente studio randomizzato comprendente 200 pazienti con tumori solidi avanzati e insufficienza respiratoria acuta, la ventilazione non invasiva è stata associata con una diminuzione della dispnea rispetto alla ossigeno-terapia e alla necessità di morfina; un decremento medio di 0,58 punti (IC 95% 0,23-0,92) sulla scala di Borg (una scala ordinale di 11 punti fra 0 “niente” e 10 “massima” dispnea). La ventilazione non invasiva migliora la dispnea nell’insufficienza respiratoria ipercapnica acuta causata dalla broncopneumopatia cronica ostruttiva.
Nell’ambito delle cure palliative, la ventilazione non invasiva dovrebbe essere utilizzata solo se è tollerata dal paziente e fornisce un sollievo sintomatico; sono necessari ulteriori studi sull’efficacia e la fattibilità.
Altri interventi non farmacologici
Un’analisi Cochrane sugli interventi non farmacologici per il sollievo della dispnea riferisce una moderata evidenza per l’uso di ausili per camminare (per esempio, il deambulatore con le ruote) quando necessari.
Alcune prove sostengono l’utilizzo della vibrazione della parete toracica e la stimolazione muscolare neuroelettrica, anche se l’utilità di queste due modalità è limitata alla pratica clinica.
Un ventilatore da tenere in mano diretto verso la bocca ed il naso può alleviare la dispnea, soprattutto per i pazienti immobilizzati. Sebbene l’efficacia dell’utilizzo del ventilatore sia oggetto di studi in corso, è poco costoso e non sono stati segnalati effetti collaterali.
Quali interventi farmacologici sono disponibili per la dispnea refrattaria?
Oppioidi
Il trattamento preferito per aiutare nella dispnea refrattaria cronica è una somministrazione sistemica (per via orale o parenterale) di oppioidi a basso dosaggio (evidenza di I livello). L’effetto degli oppioidi sembra essere mediato principalmente da una riduzione centrale della richiesta di ventilazione e da un’alterata percezione della dispnea.
In una meta-analisi di 9 piccoli studi randomizzati (116 pazienti) e di uno studio incrociato randomizzato con numeri adeguati (48 pazienti ambulatoriali), gli oppioidi sistemici hanno ridotto la media della dispnea cronica di circa il 20% rispetto ai valori di base. Gli oppioidi per via inalatoria in base all’evidenza attuale non sono raccomandati.
Quali pazienti devono essere trattati con gli oppioidi?
Le sperimentazioni includevano principalmente pazienti con grave broncopneumopatia cronica ostruttiva (e solo pochi con malattia polmonare restrittiva, cancro, o insufficienza cardiaca) e dispnea a riposo o al minimo sforzo il che limitava le attività quotidiane nonostante l’ottimizzazione dei trattamenti. In un’analisi globale, il beneficio da oppioidi era maggiore nei pazienti più giovani e in quelli con una dispnea grave. I dati relativi all’insufficienza cardiaca cronica grave sono scarsi, ma l’evidenza che il beneficio dipenda dal tipo di malattia di base è scarsa.
Quale dose di oppioidi è necessaria per alleviare la dispnea cronica?
In uno studio osservazionale di titolazione della dose di oppioidi per os il 64% degli 83 pazienti ha riferito una riduzione della dispnea. Di questi, il 70% ha avuto beneficio con 10 mg giornalieri di morfina a rilascio prolungato assunta regolarmente e più del 90% con 20 mg e anche meno, di morfina al giorno. L’effetto dell’oppioide sembrava aumentare durante la settimana dopo ogni incremento della dose. Dopo tre mesi, il 53% degli intervistati aveva avuto un beneficio prolungato dagli oppioidi, senza bisogno che le dosi venissero aumentate.
È importante sottolineare che gli oppioidi a rilascio prolungato, a basso dosaggio, sembrano essere sicuri nei pazienti con malattia avanzata e terminale. Gli effetti collaterali sono principalmente la nausea nei primi due giorni di somministrazione degli oppioidi, e la stitichezza.
Negli studi con basse dosi di oppioidi a rilascio prolungato non si sono verificati depressione respiratoria o altri effetti indesiderati gravi con conseguente ricovero in ospedale o morte.
In un recente ampio studio osservazionale su pazienti con insufficienza respiratoria cronica associata a broncopneumopatia cronica ostruttiva, gli oppioidi a bassi dosaggi non sono stati associati ad un aumento del rischio di ricovero ospedaliero o di morte. Sono necessari dati sugli effetti a lungo termine e sul reale beneficio clinico di oppioidi sulla dispnea in patologie meno gravi.
Come si inizia e si gestisce in pratica il trattamento con gli oppioidi?
L’approccio per la dispnea cronica è simile a quello per il trattamento del dolore con gli oppioidi. I dati disponibili suggeriscono che la somministrazione regolare di oppioidi a rilascio prolungato sia iniziata con una dose equivalente a 10 mg di morfina orale al giorno e titolato verso l’alto, preferibilmente una volta alla settimana, bilanciando gli effetti benefici e negativi Tutti i pazienti devono ricevere la profilassi ed il trattamento contro la stitichezza.
Ossigeno
L’ossigeno è spesso dato nella speranza di alleviare l’affanno, ma l’evidenza sull’efficacia è insufficiente. Non ci sono studi sull’utilizzo dell’ossigeno per la dispnea con grave ipossiemia a riposo (pressione arteriosa dell’ossigeno <7,4 kPa) e un grande studio randomizzato in doppio cieco, con 239 pazienti con lieve o nessuna ipossiemia non ha riportato, con l’ossigeno, alcuna variazione della dispnea rispetto all’aria. L’ossigenoterapia è costosa e può essere inutilmente gravosa per alcuni pazienti.
Uno studio recente di crossover ha rilevato che l’ossigeno non allevia la dispnea negli ultimi giorni o ore di vita e ha concluso che per la maggior parte dei pazienti vicini alla morte, l’ossigeno non sembra essere utile.
Se provato, l’ossigeno dovrebbe essere somministrato solo ai pazienti con dispnea da moderata a grave e ipossiemia, e dovrebbe essere sospeso se il paziente non ottiene sollievo entro pochi giorni.
Altri farmaci
Benzodiazepine - anche se le benzodiazepine sono spesso usate e possono alleviare l’ansia, una recente meta-analisi Cochrane di 7 studi (200 pazienti) ha scoperto che le benzodiazepine non alleviano la dispnea e aumentano il rischio di sonnolenza. Questi studi sono stati, tuttavia, eterogenei e le dimensioni del campione erano piccole.
Antidepressivi - le attuali evidenze che gli antidepressivi riducano la dispnea sono scarse.
Soluzione salina - una sperimentazione randomizzata a singolo cieco su 40 pazienti con una riacutizzazione della broncopneumopatia cronica ostruttiva non ha mostrato alcun sollievo apprezzabile della dispnea somministrando una soluzione fisiologica nebulizzata rispetto al placebo.
Furosemide - in studi esplorativi, i risultati dell’efficacia del furosemide per via inalatoria (furosemide) sulla dispnea sono stati contrastanti. L’efficacia deve essere confermata da ampi studi clinici.
Suggerimenti per ulteriori ricerche
- I meccanismi alla base della dispnea e degli effetti delle terapie.
- Il peso e le cause della dispnea, anche nei paesi a reddito basso e medio.
- I predittori degli effetti a lungo termine, benefici e negativi, degli oppioidi per personalizzare la terapia, compresi gli studi di farmacogenetica.
- Aumentare l’ampiezza delle evidenze sull’effetto degli oppioidi durante la riabilitazione e sui nuovi trattamenti della dispnea.
Consigli per i non specialisti
- Valutare di routine la gravità della dispnea nei pazienti con una patologia in stadio avanzato.
- Valutare sempre la presenza ed il trattamento ottimale delle condizioni di base.
- Prendere in considerazione la riabilitazione polmonare e gli oppioidi sistemici a basso dosaggio per la dispnea refrattaria nella malattia in stadio avanzato.
- Un uso giudizioso degli oppioidi a basso dosaggio è sicuro.
- Utilizzare la profilassi per la stitichezza e verificare le condizioni cliniche del paziente e la risposta alla terapia.
- Valutare il rinvio a cure specialistiche (comprese le cure palliative) quando le cause sono poco chiare, c’è notevole disagio, o la risposta terapeutica nei confronti della dispnea è insufficiente.
vai all'abstract >> The management of chronic breathlessness in patients with advanced and terminal illness