I pazienti oncologici, definiti dal National Cancer Institute, adolescenti e giovani adulti (AYA), cioè tra i 15 e i 39 anni, vivono la malattia in una fase esistenziale di importanti transizioni sociali, evolutive e psicologiche, quando i loro coetanei sono in una prospettiva di formazione dell'identità e di creazione di un percorso di vita attraverso l’istruzione, il lavoro e lo sviluppo di legami sociali e familiari. Per quei pazienti che subiscono una malattia terminale, il contrasto tra le loro aspettative di vita e le esperienze dei loro coetanei è particolarmente grande.
Nonostante precedenti ricerche sulla pianificazione delle cure di fine vita, sul disagio psicologico e sulla comprensione dei desideri dei pazienti adolescenti che esprimono decisioni sul trattamento, sappiamo molto poco sulle cure palliative che questi giovani pazienti ricevono. Inoltre, uno studio monocentrico francese che ha valutato le cure ricevute da 45 pazienti oncologici AYA deceduti ha evidenziato [...]
[...] alti tassi di sintomi e trattamenti aggressivi, tuttavia non sappiamo se questo lavoro sia generalizzabile ad altri centri o ai giovani negli Stati Uniti. Lo sviluppo di strumenti ottimali per le cure palliative in questa popolazione dipenderà da una migliore comprensione delle cure che tali pazienti effettivamente ricevono.
Earle con altri ricercatori ha sviluppato una serie di misure di assistenza nel fine vita focalizzate sull’intensità della cura nell'ultimo mese di vita e ha proposto parametri di riferimento per la cura terminale ottimale, suggerendo che la modalità intensiva dovrebbe essere rara. I pazienti adulti che riconoscono di stare per morire di solito non vogliono ricevere trattamenti aggressivi, ma i giovani potrebbero avere opinioni diverse sui compromessi che vale la pena di affrontare per un giorno di vita in più. Di conseguenza, i tassi di aggressività della cura nei pazienti AYA dovrebbero essere considerati meno prescrittivi, o attenti a un "giusto" tasso di misure intensive, ed approfondire la complessità tra le preferenze del paziente, i sentimenti ed il comportamento del sanitario, ed il processo decisionale.
Questo studio ha utilizzato i dati di fruizione dell’assistenza sanitaria reperiti sul registro dei tumori per identificare una coorte di pazienti di età compresa tra i 15 ed i 39 anni, morti tra il 2001 ed il 2010, seguiti dal Kaiser Permanente Southern California (KPSC), un’istituzione sanitaria multicentrica che serve 3,7 milioni di pazienti in California. Sono stati valutati i tassi di misurazione delle cura intensive di fine vita, compresa la chemioterapia, le ospedalizzazioni, le visite presso il dipartimento di emergenza e le cure in unità di terapia intensiva, insieme ai fattori legati al paziente.
A prima vista:
• questo studio ha valutato l'intensità delle cure di fine vita in 663 adolescenti e giovani adulti affetti da tumore che hanno ricevuto cure in un sistema sanitario integrato;
• l’11% dei pazienti è stato sottoposto a chemioterapia negli ultimi 14 giorni di vita;
• nell'ultimo mese di vita, il 22% dei pazienti ha ricevuto cure nel reparto di terapia intensiva; il 22% ha avuto più di una visita presso il dipartimento di emergenza ed il 62% è stato ricoverato;
• in totale, il 68% dei pazienti ha ricevuto almeno una tipologia di cure mediche intensive, rendendo tale modalità la norma in questa popolazione.
Questo studio ha usato il registro dei tumori e le cartelle cliniche elettroniche all'interno del piano sanitario del KPSC per acquisire i dati sulle cure terminali ai pazienti oncologici AYA deceduti. Il KPSC fornisce servizi sanitari completi ad utenti con una differenziazione razziale/etnica e socioeconomica ampiamente rappresentativa di residenti nel sud della California. Un certo numero di database clinici sono conservati dal KPSC, comprendenti la diagnosi, le procedure, i farmaci/infusioni, l’utilizzo, outside claims, ed un registro tumori, il tutto raggiungibile con un identificativo univoco dell’utente. Il servizio Surveillance, Epidemiology, End Result (SEER), affiliato al registro dei tumori contiene i dati relativi a tutti i pazienti a cui è stato diagnosticato e/o curato un nuovo tumore dal 1988. La qualità dei dati dei registri sono assicurate dallo standard del SEER e sono controllati dal personale SEER in modo regolare. I pazienti di oncologia pediatrica in carico al KPSC ricevono cure in rete perciò le cartelle cliniche elettroniche sono disponibili per tutta la popolazione AYA.
Per valutare le cure terminali nella popolazione AYA, si è cercato di identificare una coorte di pazienti con una morte prevista per la quale la pianificazione delle cure palliative sarebbe stata opportuna. Le morti impreviste dovute agli effetti tossici della terapia e i decessi non correlati al cancro, anche se importanti, offrono meno opportunità per la pianificazione futura delle cure trminali; perciò tali morti sono state escluse, quando possibile. Si sono individuate 2 coorti retrospettive di deceduti che avevano o (1) il cancro allo stadio IV alla diagnosi e quindi la prognosi era già limitata al momento della diagnosi, o (2) una malattia in fase da I a III (non metastatica) al momento della diagnosi, con evidenza di recidiva del tumore prima della morte.
Selezione della coorte
AYA: pazienti adolescenti e giovani adulti tra i 15 ed i 39 anni al momento della morte (tra il 1° gennaio 2001 ed il 31 dicembre 2010);
EOL: fine vita;
KPSC: Kaiser Permanente Southern California, un sistema di erogazione di assistenza sanitaria integrata.
La coorte dello stadio IV comprende i pazienti KPSC che (1) avevano un tumore al IV stadio alla diagnosi, secondo il registro dei tumori del KPSC; che (2) sono morti tra il 2001 ed il 2010; che (3) avevano tra i 15 ed i 39 anni al momento della morte; a cui (4) il cancro era stato diagnosticato almeno 30 giorni prima della morte, in modo che gli indicatori di assistenza terminale fossero valutabili; e che (5) erano stati arruolati nel programma sanitario nel mese della morte, in modo che gli indicatori di assistenza temianle fossero reperibili nei registri consultati. La coorte è stata formata utilizzando i dati dei singoli pazienti, tra cui la diagnosi del cancro e lo stadio; le date della nascita, della diagnosi e della morte; e la data di presa in carico.
La coorte dal I al III stadio comprende i pazienti con una malattia in stadio precoce alla diagnosi ed evidenza di recidiva oncologica; l'inclusione era possibile se (1) il tumore era in fase da I a III o non stadiato alla diagnosi secondo il registro dei tumori del KPSC; (2) i pazienti sono morti tra il 2001 ed il 2010; (3) avevano tra i 15 ed i 39 anni al momento della morte; (4) la diagnosi era avvenuta almeno 30 giorni prima della morte in modo che gli indicatori di cura teminale fossero valutabili; (5) erano stati inseriti nel programma sanitario nel mese della morte e (6) avevano 1 sui 2 possibili indicatori di recidiva del cancro: cioè o nuove metastasi, come indicato dai codici della Classificazione internazionale delle malattie, nona revisione, con un tumore maligno secondario di altri organi, o erano stati sottoposti a più di un regime chemioterapico, come indicato dalla somministrazione della chemioterapia, con un intervallo di più di 90 giorni tra le somministrazioni, un metodo già utilizzato da SEER-Medicare per accertare le recidive.
Per convalidare i metodi di accertamento dei pazienti, è stata effettuata un’approfondita revisione delle cartelle cliniche per i 111 pazienti delle coorti, di cui 54 pazienti con malattia al IV stadio e 57 pazienti dal I al III stadio con recidiva, per garantire che la strategia di selezione avesse adeguatamente identificato i pazienti la cui morte era prevista.
Per facilitare la ricerca, i pazienti sono stati selezionati per una revisione approfondita delle cartelle cliniche se erano morti quando erano disponibili le cartelle cliniche elettroniche al KPSC (dal 2007 in poi). Le cartelle sono state scelte a caso e la loro revisione è stata effettuata da due ricercatori, utilizzando una modalità di estrazione sviluppata per questo studio. Il riesame si è limitato agli ultimi 30 giorni di vita. La morte del paziente è stata considerata prevista se la cartella conteneva riferimenti specifici nell’ultimo mese di vita ad una prognosi sfavorevole, ad un cancro incurabile o progressivo, o la pianificazione di un’assistenza terminale che includeva l’hospice. Le affermazioni relative a questa decisione sono state riportate per esteso per il riesame da parte del gruppo di studio; le assegnazioni finali sono avvenute per consenso sulla base delle affermazioni estratte.
I dati descrittivi sono stati raccolti dalle cartelle cliniche elettroniche e dai dati del Registro, e comprendevano le date di nascita, della diagnosi e della morte; il sesso; la razza/etnia; il livello di istruzione e di reddito; il tipo di cancro e lo stadio alla diagnosi. Le misurazioni dell’intensità dell’assistenza terminale sviluppate precedentemente sono state adattate a quelle in uso nelle cartelle cliniche elettroniche del KPSC: (1) chemioterapia entro 14 giorni dalla morte; (2) cure intensive entro 30 giorni dalla morte; (3) più di 1 visita presso il dipartimento di emergenza entro 30 giorni dalla morte; e (4) ospedalizzazione entro 30 giorni dalla morte.
I dati sull’incidenza di una terapia terminale intensiva sono stati generati come la percentuale dei deceduti che aveva ricevuto ciascuna delle modalità di cura di fine vita. È stata anche calcolata una misura riassuntiva della somministrazione di una delle 4 modalità di cura intensiva nel fine vita, e i test χ2 sono stati utilizzati per confrontare le differenze nelle proporzioni di pazienti che hanno ricevuto ciascuna modalità in base alla coorte (stadio IV a confronto con stadio I, II e III con recidiva).
La regressione logistica è stata utilizzata per esaminare le associazioni tra le diverse forme di cura intensiva terminale. La regressione log binomiale è stata utilizzata per valutare le associazioni tra il ricevimento di trattamenti intensivi di fine vita e le caratteristiche del paziente (ad esempio, l'età alla diagnosi e alla morte, la razza/etnia del paziente, e la diagnosi), indicandole come rapporti di prevalenza. A causa della scarsa convergenza del modello, le relazioni tra le cure intensive ed i fattori associati sono state valutate utilizzando la regressione di Poisson. Le analisi bivariate hanno valutato le associazioni tra ciascuna modalià e le caratteristiche dei pazienti; i modelli rivisti sono stati adeguati per tutte le altre caratteristiche del paziente. Le analisi sono state effettuate per ciascuna modalità di cura intensiva di fine vita e per la misurazione riassuntiva della somministrazione di qualsiasi cura intensiva di fine vita. I dati sono indicati per la misurazione riassuntiva e per la cura intensiva negli ultimi 30 giorni di vita, come un evento relativamente raro che denota un’alta intensità di cura. I risultati che utilizzavano altre modalità intensive sono riportati).
Sono stati identificati 663 pazienti tra i 15 e i 39 anni al momento della morte, avvenuta tra il 2001 ed il 2010, che avevano ricevuto l’assistenza oncologica al KPSC e che corrispondevano al criterio di aver avuto un decesso prognosticato. La coorte comprendeva 282 pazienti con stadio tra I e III e una recidiva del tumore, e 381 pazienti con stadio IV alla diagnosi. Una revisione delle cartelle cliniche eseguita solo su 111 pazienti della coorte ha confermato la presenza di annotazioni che indicavano che la morte era prevista nel 98% dei casi (109 su 111).
La metà dei pazienti selezionati erano bianchi non ispanici; l’11% erano neri; il 29% ispanici; mentre l’11% è stato classificato come Asia/altro. La diagnosi oncologica più comune era cancro gastrointestinale (17%); altre diagnosi ricorrenti sono: cancro al seno (15%), tumori genito-urinari (11%), leucemia (14%) e linfoma (10%).
Nella coorte combinata, che comprende i pazienti con tumore allo stadio I, II e III con recidiva e i pazienti allo stadio IV, l'11% dei pazienti ha ricevuto chemioterapia entro 2 settimane dalla morte; il 22% cure in terapia intensiva ed il 22% aveva più di 1 visita al pronto soccorso nell’ultimo mese di vita.
La maggior parte dei pazienti (62%) sono stati ricoverati nell'ultimo mese di vita, con tassi leggermente più elevati di ospedalizzazione nella coorte dello stadio IV (66%) che in quella degli stadi da I a III con recidive (58%) (p=0,04). Complessivamente, il 68% dei pazienti ha ricevuto almeno 1 delle terapie intensive di fine vita, ancora una volta con tassi leggermente superiori nella coorte dello stadio IV (71% per lo stadio IV contro 63% negli stadi I, II e III con recidiva; p=0,03).
Il 30% dei pazienti ha ricevuto solo 1 trattamento intensivo; il 29% ne ha ricevuti 2. Solo l'1% dei pazienti ha ricevuto tutte le 4 forme di terapia intensiva del fine vita. Diversi interventi intensivi sono stati correlati; i pazienti che sono stati ospedalizzati nell'ultimo mese di vita avevano più probabilità di ricevere la chemioterapia negli ultimi 14 giorni di vita (odds ratio [OR], 2,29; 95% CI, 1,29-4,10) e trattamenti in terapia intensiva (OR, 5.66; 95% CI, 3,35-9,55) e avevano più di 1 visita presso il dipartimento di emergenza (OR, 13,44; 95% CI, 6,70-26,96) nell'ultimo mese di vita. Inoltre, l'assistenza in terapia intensiva è stata associata con quote più elevate di utilizzo della chemioterapia (OR, 2.11; 95% CI, 1,25-3,57). Mentre le visite presso il dipartimento di emergenza non erano associate con l'utilizzo della chemioterapia (OR, 1.19; 95% CI, 0,68-2,11) o delle cure intensive (OR, 1.35; 95% CI, 0,88-2,07).
Utilizzando la leucemia come categoria oncologica di riferimento e con l'adeguamento per le altre caratteristiche cliniche e dei pazienti, si è riscontrato che i pazienti con tumori ossei o dei tessuti molli (rischio relativo [RR], 0.41; 95% CI, 0.24-0.72; p=0,002) o con il cancro al seno (RR, 0,50; 95% CI, 0,26-0,95; p=0,04) avevano meno probabilità di ricevere cure in terapia intensiva nel corso dell'ultimo mese di vita, così come i pazienti con un reddito più alto (contro il più basso) (RR, 0,59; 95% CI, 0,38-,93; p=0,02). Rispetto ai bianchi non ispanici, i pazienti asiatici hanno ricevuto leggermente più cure intensive in base ai modelli adattati (RR, 1,57; 95% CI, 1,03-2,39; p=0).
Quando sono stati valutati i fattori correlati al ricevimento di una qualsiasi forma di terapia intensiva, ancora con la leucemia come riferimento, i tumori ossei o dei tessuti molli (proporzione di prevalenza adattata [APR] 0.60; 95% CI, 0.38-0.96; p=0,03) ed il cancro gastrointestinale (APR, 0.77; 95% CI, 0.63-0.94; p=0,01) sono stati associati ad un minore utilizzo di un’assistenza intensiva nella terminalità.
Più di 2/3 dei giovani pazienti oncologici inclusi nel studio hanno ricevuto almeno una forma di cura intensiva durante il fine vita. I tassi di interventi intensivi tra i pazienti AYA superano i parametri proposti come desiderabili tra gli adulti più anziani, che comprendono, ad esempio, meno del 10% dei pazienti in terapia chemioterapica negli ultimi 14 giorni di vita, meno del 4% dei pazienti con più di una visita presso il dipartimento di emergenza nell'ultimo mese di vita, e meno del 4% ricoverati in terapia intensiva nel corso dell'ultimo mese di vita. Inoltre, i tassi relativi al dipartimento di emergenza e all'utilizzo della terapia intensiva nei pazienti AYA sono superiori a quelle dei deceduti Medicare con cancro avanzato nell'ultimo mese di vita (<10% per entrambe le tipologie tra i deceduti Medicare). Tuttavia, la popolazione esaminata ha ricevuto l’assistenza ospedaliera con tassi simili a quelli riportati per i pazienti più anziani; dati recenti suggeriscono che più del 60% dei pazienti oncologici Medicare sono ricoverati nell'ultimo mese di vita, con tassi paragonabili a quelli rilevati. Sebbene i dati sulla popolazione pediatrica relativi alle misurazioni utilizzate siano limitati, una precedente ricerca al di fuori Stati Uniti rileva l'utilizzo diffuso di interventi aggressivi al termine della vita dei bambini con il cancro, il che suggerisce che l'uso di terapie intensive può estendersi anche ai pazienti più giovani.
La vera domanda, che può essere più importante rispetto ai tassi complessivi dei trattamenti intensivi, è come si è sviluppato il processo decisionale nella terminalità dei singoli pazienti inclusi nella ricerca. Che cosa avevano capito della loro malattia e della prognosi? Che tipo di cure volevano? Quanto erano disposti a tollerare per prolungare la vita? Ed essendo noto il fatto che i giovani possono basare le proprie decisioni sulle esigenze dei loro cari, chi altro veniva preso in considerazione da questi pazienti quando compivano le scelte terapeutiche? Anche se i pazienti adulti che sanno di stare per morire, di solito rifiutano le cure aggressive che sono associate ad una più bassa qualità di vita, non sappiamo se i pazienti AYA la pensino allo stesso modo. In questa popolazione, alti tassi di misure intensive al termine della vita possono non rappresentare un fallimento nella comunicazione o delle cure palliative, ma potrebbero riflettere valori molto diversi riguardo alle cure teminali in questi giovani rispetto agli adulti più anziani.
Gli interventi intensivi nella terminalità sono stati correlati, suggerendo che l'uso di una forma di terapia intensiva, come la chemioterapia, possa portare ad un bisogno di altre, come l’ospedalizzazione e la terapia intensiva. Tuttavia, qualche correlazione si spiega con una interpretazione mutevole, come la terapia intensiva che è anche considerata come cura ospedaliera. In altri casi, le correlazioni rappresentano momenti congiunti dell’assistenza, come le visite presso il dipartimento di emergenza che precedono i ricoveri.
Sono state trovate poche caratteristiche misurabili dei pazienti associabili in modo affidabile all'uso di modalità intensive nel fine vita, a parte il tipo di cancro. La presenza di alcune associazioni relativamente deboli combinate con il numero di relazioni esaminate suggerisce anche che tali risultati possano essere meglio considerati come esplorativi. Tuttavia, i pazienti con tumori ossei o dei tessuti molli e con tumori gastrointestinali hanno utilizzato meno gli interventi intensivi dei pazienti affetti da leucemia, in modo simile a quanto precedentemente riportato. Questo potrebbe riflettere la prognosi peggiore dei sarcomi e dei tumori gastrointestinali fin dalla diagnosi, soprattutto per i pazienti con una diagnosi in fase avanzata di malattia. I pazienti leucemici possono anche sperimentare una più rapida progressione dal momento della ricaduta, così come sintomi quale il sanguinamento che possono facilmente portare al pronto soccorso o al ricovero, anche quando tale assistenza è utilizzata principalmente per scopi palliativi. È da notare anche che alcuni dei risultati ottenuti differivano da quelli riportati negli adulti più anziani, in particolare la mancanza di variazioni dell’intensità di cura nel tempo e la mancanza di pronunciate differenze etniche e razziali nell’intensità assistenziale.
Proprio come negli adulti più anziani, per i quali sono state utilizzate, in origine, le misurazioni Earle sulla terapia intensiva terminale, ci sono dei limiti. Soprattutto, non sappiamo l'intento dell’assistenza erogata. Come rilevato, le visite al pronto soccorso ed i ricoveri potrebbero essere stati utilizzati per la palliazione dei sintomi quando i servizi di supporto già in atto non erano sufficienti a gestire i sintomi difficili. Inoltre, queste misurazioni sono state definite in modo retrospettivo rispetto al momento della morte, mentre l’assistenza è fornita in modo prospettico. Fare una prognosi è difficile, e sia i medici che i pazienti non sono sempre in grado di riconoscere in modo affidabile quando è probabile che la morte avvenga e fare progetti per un’assistenza conseguente. Infine, queste misurazioni includono una percezione globale che alti tassi di cure aggressive non siano desiderabili, ma non rappresentano le preferenze dei singoli pazienti. Quest'ultimo problema, come si è visto, è probabile che sia particolarmente saliente per i giovani che stanno per morire.
Gli adolescenti ed i giovani adulti possono andare incontro a molte influenze, diverse e altamente individuali, quando prendono decisioni di fine vita. Questa ampia gamma di età comprende gli adolescenti, i cui genitori decidono per loro, e i giovani adulti che potrebbero prendere in considerazione i sentimenti dei partner e dei propri bambini, in un contesto di ampie differenze a livello di istruzione, fase della vita personale, occupazione ed indipendenza finanziaria. Anche se non si conosce approfonditamente in che modo le loro priorità decisionali differiscano da quelle degli adulti più anziani, un precedente studio suggerisce che i pazienti AYA sono particolarmente interessati alle questioni patrimoniali e alla vita emotiva di coloro che lasciano, ma possono essere meno coinvolti nella pianificazione dei trattamenti medici, una questione che potrebbe in parte essere alla base dei risultati ottenuti. Anche se non sono risultate notevoli differenze nell'uso dei trattamenti intensivi terminali basate sull’età, maggiori sfumature nei dati potrebbero aiutare a comprendere la differenziazione dei processi decisionali rispetto alla gamma di età e alternativamente influenzare gli obiettivi terapeutici. Allo stesso modo, l'impostazione di erogazione delle cure e la disponibilità di hospice e servizi palliativi appropriati all'età possono anche influenzare le possibilità assistenziali.
Predire la mortalità per i pazienti AYA può anche essere impegnativo; i medici quindi tendono ad essere più propensi a favorire misure di prolungamento della vita in un quadro di incertezza clinica e possono anche avere punti di vista diversi su quando è opportuno utilizzare trattamenti di fine vita per i pazienti AYA. È anche probabile che vari la pratica clinica rispetto alle discussioni sulla prognosi e la pianificazione assistenziale terminale, così come avviene per i medici degli adulti più anziani. Mentre i dati della ricerca non permettono di esplorare questo tema, i colloqui di fine vita possono riportare il nucleo dell’assistenza dei giovani pazienti morenti sui bisogni e sulle preferenze individuali offrendo così l’opportunità di ottimizzare un’assistenza di fine vita centrata sul paziente.
Le fonti dei dati dello studio avevano dei limiti intrinseci. Non è stato possibile registrare le cure ricevute dai pazienti doppiamente assicurati al di fuori della rete KPSC e di conseguenza possono essere stati sottovalutati gli aspetti dell’assistenza terminale per alcuni pazienti. Tuttavia, anche se l’assistenza al di fuori della rete avesse dato un contributo significativo ai risultati, ci si può aspettare che i tassi reali di interventi intensivi terminali siano ancora più alti di quelli che registrati, che sono già impressionanti. Inoltre, non si sono potuti rilevare i dati dei paziente in materia di istruzione e di reddito e non si sono potute valutare altre misure di assistenza terminale quali il ricorso all’hospice in quanto i dati sull’assistenza hospice non possono essere facilmente valutati elettronicamente. I dati sull'utilizzo di interventi chirurgici e sulla durata della chemioterapia offrirebbero un ulteriore spaccato dei modelli di cura e dovrebbero essere prioritari nella ricerca futura. Infine, anche se i risultati riflettono l’assistenza in un'ampia coorte di pazienti che hanno ricevuto cure in un certo numero di istituzioni nel sud della California, essi sono limitati a pazienti assicurati presso i migliori istituti e potrebbero non corrispondere all’assistenza di una più ampia popolazione degli Stati Uniti, compresi i poveri e le persone senza assicurazione. Tuttavia, la coorte di questa ricerca risulta essere superiore a quella di qualsiasi studio esistente sull’assistenza di fine vita nei pazienti AYA e comprende sostanziali diversità razziali ed etniche. Perciò lo studio offre importanti approfondimenti sulla cura di questi giovani pazienti quando si avvicinano alla morte.
Sono stati identificati alti tassi di assistenza intensiva terminale, in particolare ricoveri, tra i pazienti oncologici AYA nel sistema sanitario del KPSC. I dati disponibili forniscono una limitata capacità di identificare quali pazienti sono ad alto rischio per tali cure. In particolare, non si sa quanti pazienti conoscessero la loro prognosi infausta e tuttavia abbiano deciso di ricevere cure per prolungare la vita, una scelta che differenzierebbe questi giovani pazienti dagli adulti più anziani. Tuttavia, questi dati forniscono un punto di partenza per comprendere i modelli di cura e, infine, per una definizione ottimale delle cure di fine vita in questa popolazione giovane. I lavori futuri dovrebbero concentrarsi sulla comprensione delle esigenze di assistenza terminale e delle preferenze nella popolazione di questa fascia di età.
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