AUSTIN, Texas — A causa del crescente favore del pubblico e di segnali promettenti, ma non probanti, dei benefici terapeutici della cannabis erboristica, in tutti gli Stati Unitisi si sta legiferando a pieno ritmo sull’uso medico della marijuana, ciò ha spinto l'American Pain Society (APS) a pubblicare un libro bianco per affrontare i problemi clinici correlati alla cannabis in cui i medici del dolore sono sempre più coinvolti.
"La cannabis è tra noi, non c'è alcun dubbio in proposito, e la maggior parte di noi medici che trattano il dolore, incontrerà pazienti che la usano con prescrizione o illecitamente, perciò abbiamo pensato a una guida clinica e a raccomandazioni sulla necessaria ricerca", dichiara a Medscape Medical News la coautrice dr Seddon R. Savage, durante la 35a riunione scientifica annuale dell’APS.
Le leggi sull’utilizzo medico della marijuana sono attualmente in vigore in [...]
[...] 24 Stati e nel Distretto della Columbia. Con la normativa in corso per la depenalizzazione della marijuana a scopo terapeutico in numerosi altri Stati, i medici sono più sotto pressione che mai nell’affrontare l'uso della cannabis da parte dei pazienti.
Il libro bianco, pubblicato online sul Journal of Pain, rappresenta un documento di consenso redatto da autori con diversi punti di vista e opinioni, ha detto la dr Savage, direttrice del Silver Hill Hospital Chronic Pain and Recovery Center e docente della Geisel School of Medicine presso il Dartmouth College ad Hanover nel New Hampshire.
Ha osservato che "gli autori del documento vanno dai sostenitori della legalizzazione a coloro che non condividono nemmeno l’appoggio alla certificazione della marijuana per uso clinico, quindi questo ci ha costretto ad avere veramente uno sguardo equilibrato sulle nostre esperienze cliniche".
"Abbiamo esaminato le evidenze disponibili sull'uso clinico della cannabis e dedotte, fin dove possibile, strategie di gestione dalle nostre esperienze di prescrizione di sostanze controllate."
Le principali raccomandazioni cliniche del documento sono le seguenti.
- Conoscere le leggi federali e l'applicazione corrente. La dr Savage ha detto: "vi consigliamo, se avete intenzione di prescrivere o di seguire persone che utilizzano la cannabis in ambito medico, di conoscere le leggi federali, il loro funzionamento ed essere consapevoli che possono cambiare nel tempo".
- Allo stesso modo, essere informati e lavorare secondo le leggi del singolo Stato.
- Essere guidati dall’evidenza scientifica, non dall’informazione commerciale. La dr Savage precisa: "questo è essenziale, dobbiamo ricevere le nostre informazioni dalla scienza e non da chi commercializza i propri prodotti".
- Consigliare i pazienti sui ceppi e gli estratti della cannabis rispetto ai possibili farmaci cannabinoidi. "Non c'è molto a guidarci, ma se, per esempio, qualcuno ha una dipendenza o un elevato livello di ansia, si potrebbe iniziare con qualcosa con un più elevato cannabinoide che, a differenza del delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), non sembra produrre euforia."
- Informare il più possibile i pazienti sulle vie di somministrazione.
La dr Savage ha suggerito che i pazienti che usano la cannabis erboristica a scopo terapeutico dovrebbero essere gestiti con un protocollo simile a quello degli oppioidi, che prescrive di stabilire chiari obiettivi del trattamento; di prevedere lo screening per il rischio di un uso improprio, di dipendenza, e ricreativo; di informare sui rischi ed i benefici individuali; e di prendere in esame la sottoscrizione di una dichiarazione di aver compreso e di accettare.
L’evidenza più forte in termini di benefici terapeutici della cannabis erboristica, in particolare dei cannabinoidi, suggerisce effetti analgesici, con una lunga lista di altri possibili benefici, tra cui l'attività anticonvulsivante, il sollievo dell’ansia e dei disturbi da stress post-traumatico, la riduzione dell’emicrania e del disturbo infiammatorio intestinale.
"Il problema è che la maggior parte dei benefici però non sono ben studiati, con l'eccezione delle indicazioni della FDA (Food and Drug Administration) per le proprietà antiemetiche e antinausea da associarsi alla chemioterapia e per deperimento legato all'HIV", ha detto la dr Savage.
Molti pubblicizzano la cannabis erboristica come una necessaria alternativa agli oppiacei, con un rischio di overdose molto basso o nullo e relativamente bassi tassi di dipendenza. Un recente studio uscito su JAMA Internal Medicine, infatti, ha mostrato una minore incidenza di mortalità per overdose da oppiacei negli Stati con leggi che consentono l'uso clinico della marijuana.
Gli argomenti che si oppongono all'uso clinico della cannabis erboristica sono altrettanto convincenti, però:
- il dosaggio corretto è incerto;
- manca una supervisione federale della purezza o dei contenuti, i quantitativi dei principi attivi possono non essere noti;
- inoltre vi è la preoccupazione che una maggiore disponibilità a livello terapeutico della cannabis erboristica possa portare ad un aumento dell'uso improprio e dei danni associati.
Sono stati segnalati diversi potenziali effetti collaterali gravi, tra cui un rischio di tachicardia ed ipotensione ortostatica, e la dr Savage ha aggiunto che numerose serie di casi, in letteratura, descrivono persone che hanno un infarto miocardico entro un'ora dall’uso della marijuana.
Un problema che ha trovato il consenso di entrambe le parti, tuttavia, è la necessità di ulteriori evidenze e il documento ha anche espresse le seguenti raccomandazioni dettagliate in questo ambito.
- Aumentare i finanziamenti federali per la ricerca sulla cannabis nell’ambito del dolore.
- Ampliare la ricerca sulla cannabis e i cannabinoidi erboristici, in particolare estendendo gli studi sulle condizioni dolorose e finanziando gli studi clinici di fase 3 su più vasta scala.
- Attenuare le restrizioni normative che impediscono la ricerca sulla cannabis, tra cui prendere in considerazione la riprogrammazione rispetto ad uno schema di tabella farmacologica 1.
- Migliorare la possibilità di usare cannabis di alta qualità per la ricerca con ceppi diversi e derivati con diversi tassi di cannabinoidi.
- Invitare gli Stati a raccogliere dati individuali e a livello di popolazione per far progredire la comprensione dei risultati sulla salute dei singoli e gli effetti sulla salute pubblica in relazione alla disponibilità della cannabis.
La dr Savage ha sottolineato l'importanza di quest’ultima raccomandazione relativa alla raccolta dei dati e ha detto: "non conosco Stati che stiano raccogliendo i dati sanitari a livello individuale sulle persone che la usano, tra cui le informazioni, ad esempio, su come funziona, se ci sono complicazioni inaspettate, se hanno potuto modificare l’assunzione degli altri farmaci che stanno utilizzando?".
Ha aggiunto: "immaginate se avessimo un registro che effettivamente raccogliesse i dati sanitari su questi punti. Potremmo imparare molto rapidamente e studiare gli impatti della salute pubblica su ciò".
Gli autori, infine, hanno sottolineato che, senza il controllo sulla qualità della produzione della cannabis e sulla distribuzione, i benefici terapeutici sono fortemente compromessi. Precisano che "se i pazienti possono legalmente utilizzare la cannabis come modalità terapeutica, saranno necessarie fonti di alta qualità di cannabis medicinale con un rigoroso controllo della qualità e dei componenti".
"Dovranno essere aperti canali per consentire che la cannabis sia erogata dai farmacisti che acquisiscono la cannabis con un titolo terapeutico da fonti con un adeguato controllo di qualità. Finché ciò non accadrà, la linea di demarcazione tra la cannabis medicinale e quella ricreativa continuerà ad essere incerta."
American Pain Society (APS) 35th Annual Scientific Meeting. Presented May 13, 2016.
vai all'abstract: >>J Pain. Published online March 4, 2016. Abstract