Conversazione con il Dr. Thomas Smith sul ruolo crescente delle cure palliative per i pazienti affetti da cancro

L'American Society of Clinical Oncology (ASCO) ha recentemente pubblicato un parere clinico provvisorio (PCO) in cui si raccomanda che le cure palliative siano precocemente integrate nel trattamento del cancro per ogni paziente affetto da cancro metastatico o fortemente gravato dai sintomi. Gli autori hanno basato la propria raccomandazione sui risultati di sette studi randomizzati che hanno testato l'associazione delle cure palliative all’approccio standard della cura del cancro. Uno dei più recenti, tra questi studi, ha dimostrato che i pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule, che hanno ricevuto precocemente le cure palliative non solo hanno migliorato la qualità della vita, ma hanno vissuto più a lungo rispetto ai pazienti che hanno ricevuto solo il trattamento standard.

Il Dr. Thomas J. Smith, Direttore delle cure palliative al Johns Hopkins Kimmel Comprehensive Cancer Center di Sidneye autore principale del parere clinico provvisorio, ha rilasciato questa intervista in merito al ruolo crescente delle cure palliative in oncologia.

Le cure palliative sono  integrate nella formazione oncologica?

Questo approccio sta diventando sempre più parte della formazione degli oncologi, ma chi ha studiato più di 10 anni fa, probabilmente non ha imparato molto su di esse. Molti oncologi non sanno bene come integrare le cure palliative nella loro pratica. Io sono ancora in formazione.

Credo che noi oncologi abbiamo buoni rapporti di lavoro con i chirurghi ed i radioterapisti, ma spesso non con gli specialisti di cure palliative. In realtà, dovremmo avere con gli hospice la stessa collaborazione che abbiamo con altre specialità. Quindi dovremmo scegliere uno o due centri con cui lavorare  a stretto contatto, per conoscerli veramente bene, approfondire ciò che possono e che non possono fare, e ottenere un feedback da questi programmi hospice su come potremmo migliorare.

Cosa si può fare ora per ampliare l'accesso alle cure palliative per i pazienti oncologici?

Una delle cose possibili è coinvolgere prima le cure palliative nella cura dei nostri pazienti. Stiamo chiedendo agli oncologi di programmare una visita informativa in hospice quando ci si aspetta che un paziente abbia da 3 a 6 mesi di vita, in modo che il paziente e la famiglia incontrino il team dell’hospice.

Spesso è più facile per i pazienti e le famiglie parlare di alcune cose con qualcuno diverso dal proprio oncologo. Avere l’aiuto di un team di cure palliative può essere molto utile sia per l'oncologo che per il paziente per assicurarsi che il paziente capisca la sua prognosi, quali sono le opzioni di trattamento, quali i loro  obiettivi, valutando tutti i pro e i contro.

Circa un terzo dei pazienti va in hospice quando la sua aspettativa di vita è inferiore a una settimana, e tutti si affrettano per dare un beneficio al paziente quando la conclusione era prevedibile già 3 - 6 mesi prima. La maggior parte di noi sceglie di non parlare di cose come l’hospice, il do-not-resuscitate e le direttive di fine vita fino a quando non ci sono più opzioni chemioterapiche. Questo ci permette di evitare conversazioni difficili, ma non serve per preparare i pazienti e le famiglie rispetto a ciò che avverrà.

Le cure palliative possono aiutare le persone con tumori in fase non avanzata?

Sicuramente le cure palliative possono aiutare anche le persone che hanno tumori curabili. Quando qualcuno è pesantemente provato dal trattamento contro il cancro, è davvero utile avere qualcun’altro per co-gestire i suoi sintomi. Come oncologo, posso non avere le competenze o il tempo, soprattutto il tempo, con un programma che prevede un paziente ogni 20 minuti, per aiutarlo rispetti ai suoi sintomi fisici e psicologici. Ma se ho un buon rapporto di lavoro con un palliativista, una consulenza può essere molto utile per me e per il paziente. Alcuni esempi particolari potrebbero essere per la cura del dolore neuropatico e degli stati di angoscia.

Se il medico lo raccomanda, o se l’infermiera esperta lo propone, è raro che un paziente dica: "Oh, non voglio vedere il team di cure palliative". Ma ancora una volta, tocca a noi, come oncologi inviare i pazienti ai servizi. E non è altrettanto efficace se chiediamo all’assistente sociale di occuparsi della cosa.

 

Negli Stati Uniti si sta lavorando per standardizzare la pratica delle cure palliative?

Trovate ulteriori informazioni in:

Ci sono già alcuni ottimi standard. Le Clinical Practice Guidelines for Quality Palliative Care , del National Consensus Project for Quality Palliative Care, sono state pubblicate per la prima volta nel 2004. Non sono prescrittive, e quindi non dicono esattamente ciò che si può e non si può fare, ma consentono di avere alcune ottime idee su ciò che un buon consulto di cure palliative dovrebbe includere.

Una consulenza deve assolutamente comprendere una valutazione dei sintomi, una verifica dello stato psichico rispetto alla depressione, e del disagio spirituale, e rimandare al cappellano e allo psicologo, se indicato. La squadra dovrebbe essere multidisciplinare, non solo un infermiere, o un medico. Chiedo sempre ai pazienti "Cosa è importante per lei?" per giungere alle questioni fondamentali.

La Joint Commission offre anche un programma di accreditamento che è stato definito lo scorso anno. Così, la commissione ora approva  i centri palliativi, così come i centri per l'ictus o la malattia cardiologica.

Quali sono le più urgenti priorità di ricerca per le cure palliative in oncologia?

La prima è di testare le cure palliative in malattie diverse dal cancro al polmone, di fare quindi studi randomizzati di ciò che funziona nel cancro del polmone, cioè l’intervento multidisciplinare di cure palliative - in altri tipi di tumore. Così come sono stati testati i trapianti di cellule staminali nel mieloma, linfoma e nel cancro al seno, bisogna testare le cure palliative.

L'altra priorità sarebbe quella di cercare di capire quali sono le componenti principali di un efficace intervento di cure palliative: ciò che è necessario, che cosa è sufficiente. Questi risultati avrebbero importanti implicazioni per i finanziamenti, perché farsi rimborsare per le cure palliative oggi può essere davvero difficile.

Quali sono i benefici delle cure palliative per i caregiver?

Penso che sia una delle aree con maggior beneficio. Dai diversi studi valutati per il parere clinico provvisorio, risulta che i caregiver hanno un ottimo vantaggio quando una persona diversa dall’oncologo li aiuta a prendersi cura dei pazienti. Parte di questo beneficio deriva dal conoscere la prognosi, gli obiettivi del trattamento, e dal sapere cosa sta per accadere.

I pazienti e le famiglie desiderano tali informazioni, il problema è che né i pazienti né le famiglie pongono tali domande ma aspettano che siamo noi ad affrontare l’argomento. Quindi, se il medico sceglie di non parlare di queste cose, sta facendo una scelta che sembra, al momento,  più facile per se stesso ed emotivamente anche per le famiglie, ma è una scelta che renderà più difficile la cura più avanti.

Ed è qui che il coinvolgimento precoce di un team di cure palliative può essere utile.

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