I medici sono notoriamente incapaci di parlare ai pazienti morenti, ma una semplice check-list potrebbe cambiare ciò? Questa è la premessa di un progetto volto a migliorare le cure di fine-vita, fornendo ai medici un modello per la comunicazione con i pazienti e le loro famiglie. "Ho paura di essere il cattivo ragazzo", ha detto il dottor Atul Gawande, un chirurgo presso il Brigham and Women Hospital che lo scorso autunno ha lanciato un programma volto a trovare soluzioni semplici a problemi complessi di assistenza sanitaria. Il Progetto, chiamato Arianna Labs, ha l'obiettivo di produrre un manuale-guida sulle conversazioni di fine vita. Il pensiero del Dott. Gawande, espresso nel corso di una presentazione il 18 giugno 2013, |
è comune tra i medici, molti dei quali sono scarsamente addestrati ad avere una conversazione anche di solo 20 minuti con i pazienti circa i loro desideri e priorità prima della morte, ha detto il dottor Rachelle Bernacki, un geriatra ed esperto di cure di fine vita al Dana-Farber Cancer Institute e autore principale dello studio. (1)
(1)
Doctors are notoriously bad at talking to dying patients, but could a simple checklist change that?
That is the premise of a Boston project aimed at improving end-of-life care by providing doctors with a template for communicating with patients and their families.
“I’m afraid of being the bad guy,” said Dr. Atul Gawande, a surgeon at Brigham and Women’s Hospital who last fall launched a program aimed at finding simple solutions to complex health care problems. Called Ariadne Labs, it is overseeing a study of an end-of-life conversation guide.
Gawande’s sentiment, expressed during a presentation Tuesday, is common among doctors, many of who are poorly trained to have even a 20-minute conversation with a patient about their desires and priorities before death, said Dr. Rachelle Bernacki, a geriatric and end-of-life care specialist at Dana-Farber Cancer Institute and the study’s lead author.
La Dott.ssa Susan Block, oncologa del Dana-Farber e autore senior dello studio, ha detto che molti medici temono che una conversazione sulla pianificazione del fine vita potrebbe innestare reazioni emotive estreme da parte dei pazienti, che i sanitari "non possono risolvere."
Ma gli studi hanno rilevato che discutere anticipatamente dei progetti e dei desideri del paziente rende più probabile che essi siano in grado di morire a casa o in hospice, piuttosto che in un reparto di terapia intensiva. (2).
(2)
Dr. Susan Block, an oncologist at Dana-Farber and a senior author of the study, said many doctors fear that a conversation about planning for death will trigger extreme emotional responses from patients they “can’t fix.”
But studies have found that early discussions of a patient’s plans and wishes makes them more likely to be able to die at home or in hospice rather than in an intensive care unit.
La metodica della check-list è stata applicata in ambito chirurgico ed i risultati sono stati una riduzione delle morti durante o immediatamente dopo gli interventi dal 1,5 % al 0,8 %, e un abbassamento delle complicanze post-chirurgiche dal 11 % al 7 %.
Anche se il progetto di cure di fine-vita è ancora in una fase di ricerca, il suo scopo è quello di fornire lo stesso miglioramento nella cura del paziente.
- ha detto che lo studio, che si concentra su pazienti affetti da cancro, potrebbe diventare un modello per altri tipi di malattie. (3)
(3)
In a global study, a surgical checklist reduced deaths during or immediately after operations from 1.5 percent to 0.8 percent, and lowered postsurgical complications from 11 percent to 7 percent.
Though the end-of-life care project is still in research, its aim is to deliver the same improvement in patient care. Bernacki said the study, which focuses on cancer patients, could become a template for other kinds of illnesses.
leggi l'articolo originale >> By Sanjena Sathian _ June 19, 2013