Una recente indagine suggerisce che una minoranza di medici olandesi, circa uno su tre, prenderebbe in considerazione di esaudire una richiesta di eutanasia e suicidio assistito (EAS) per un paziente con demenza precoce o una malattia psichiatrica, oppure per uno che è solo stanco di vivere (senza avere una malattia grave).
"La legge olandese sull'eutanasia non è circoscritta ai pazienti con sofferenze fisiche", è stato dichiarato a Medscape Medical News da parte di Eva Bolt, dell’EMGO Istituto per la ricerca sulla salute e l’assistenza del Centro Medico della Vrije Universitei di Amsterdam nei Paesi Bassi. "Ma la maggior parte dei medici che prenderebbe in considerazione l'eutanasia per un paziente con notevoli sofferenze [...]
[...] dovute al cancro o ad un'altra malattia fisica non lo farebbe per un paziente che soffre a causa di una malattia psichiatrica, della demenza o per pazienti che soffrono perché sono stanchi di vivere."
Accogliere una richiesta di EAS può avere "un grande impatto emotivo" ha aggiunto "e la decisione di un medico se prendere in considerazione o meno una richiesta di eutanasia è una decisione individuale che si basa su limiti di legge e su valori personali".
Il sondaggio è stato pubblicato online il 18 febbraio sul Journal of Medical Ethics.
Nei Paesi Bassi, l’EAS per i pazienti la cui sofferenza è di natura psichiatrica/psicologica è consentita per legge, ma rappresenta una frazione del numero dei pazienti che vengono aiutati a morire in questo modo, affermano i ricercatori nel loro articolo. I pazienti non hanno il diritto all’EAS e "la libertà di rifiutare" una richiesta da parte del medico è recentemente diventata un argomento di dibattito nei Paesi Bassi. I media hanno citato pazienti le cui richieste di EAS sembrano essere stata respinte sulla base dell'opposizione personale dei medici, invece che su obiezioni giuridiche. Questi pazienti avevano una malattia psichiatrica o la demenza oppure erano stanchi di vivere, in assenza di gravi patologie.
"La questione principale" affermano la Bolt ed i colleghi "è se l’EAS è giuridicamente ed eticamente accettabile in questa tipologia di pazienti e, in caso affermativo, se i medici dovrebbero essere disposti ad attuarla."
Un fattore è costituito dalla causa della sofferenza.
Per scoprire che cosa pensano i medici olandesi, i ricercatori hanno inviato un sondaggio ad un campione casuale di 2.269 medici di famiglia e specialisti in geriatria, cardiologia, medicina respiratoria, terapia intensiva, neurologia e medicina interna, tra l’ottobre 2011 ed il giugno 2012.
L'indagine chiedeva se avessero mai aiutato, o potessero concepire di aiutare a morire, un paziente oncologico o affetto da altra malattia fisica, mentale, da demenza precoce o avanzata, oppure qualcuno senza gravi disturbi fisici, ma che era stanco di vivere.
1.456 medici (64%) hanno risposto al sondaggio. Complessivamente al 77% era stata chiesta l’EAS, almeno una volta nel corso della loro carriera: il 93% erano medici di famiglia, il 71% medici che assistono anziani ed il 53% erano specialisti.
La maggior parte dei medici (86%) ha detto che prenderebbe in considerazione di aiutare un paziente a morire ed il 60% degli intervistati ha dichiarato di aver aiutato un paziente a morire.
Ma l'atteggiamento dei medici riguardo all’EAS variava in relazione alle condizioni; la maggior parte ha detto che sarebbe disposta ad accettare la richiesta di EAS di un paziente con il cancro (85%) o un'altra malattia fisica (82%), ma meno della metà lo avrebbe fatto per un paziente con una malattia psichiatrica (34%), in una fase precoce di demenza (40%), con demenza avanzata (29% senza comorbilità e il 33% in presenza di comorbilità) o semplicemente stanchi di vivere senza una grave malattia (27%).
Solo il 7% dei medici aveva effettivamente aiutato a morire un paziente che non aveva il cancro o un'altra grave malattia fisica.
Nel loro articolo i ricercatori notano che "questi risultati sono in linea con precedenti studi in cui risultava che i medici erano più disponibili all’EAS in caso di sofferenza fisica che in caso di sofferenza non fisica ".
"Alcuni pazienti potrebbero non rendersi pienamente conto che la decisione sull’eutanasia è una scelta personale del medico, e che molti medici rifiutano di eseguire l'eutanasia se la sofferenza non è fisica" ha dichiarato la Bolt a Medscape Medical News. "Quando questi pazienti richiedono l'eutanasia e la loro richiesta viene rifiutata, ci può essere delusione e disaccordo. Pertanto, è importante che un medico sia esplicito sul suo punto di vista, il più presto possibile."
James A. Colbert, medico del Brigham and Women Hospital e della Harvard Medical School di Boston nel Massachusetts, quando gli è stato chiesto un parere ha detto che i risultati dell'indagine non erano "così sorprendenti".
Ha citato il recente sondaggio che lui ed i suoi colleghi hanno compiuto attraverso il New England Journal of Medicine, da cui risulta che circa i 2/3 dei medici statunitensi sono contrari al suicidio assistito.
"Pochissimi stati negli USA permettono ai medici di prescrivere farmaci che porrebbero fine attivamente alla vita di un paziente, quindi la maggior parte dei medici statunitensi non si pongono neanche il problema" il dottor Colbert ha sottolineato. "Inoltre, il numero di pazienti che effettivamente sceglierebbe di porre fine alla propria vita è piuttosto piccolo."
Il dottor Colbert pensa che " una questione molto più importante su cui focalizzare la nostra attenzione è: come possiamo fare in modo che tutti i pazienti abbiano benessere e siano ben curati, al termine della vita? Le cure palliative sono una componente assolutamente essenziale dell’assistenza medica, ma pochissimi pazienti incontreranno un palliativista. Gli studi hanno dimostrato che i pazienti oncologici seguiti da uno specialista in cure palliative hanno una migliore qualità della vita e, in alcuni casi, addirittura vivono più a lungo rispetto ad altri malati di cancro curati solo dagli oncologi" ha aggiunto il dottor Colbert.
vai all'abstract: >> J Med Ethics. Published online February 18, 2015