Due delle mie attività preferite sono correre e pescare in acqua salata. Entrambe sono attività molto precise e collegate ai numeri. Per la corsa ciò è relativo ad andatura, distanza, consumo di calorie e frequenza cardiaca, tra gli altri fattori. Quando si parla con i corridori in breve la conversazione arriva alle domande essenziali: "Qual è il tuo record personale per una mezza (o intera) maratona?" o "Qual è la tua media settimanale di chilometri?". Entrambe queste domande riflettono i parametri standard del livello di abilità in quello sport. |
Anche la pesca ha la sua propria serie di parametri. Prima di giungere al punto di sperare che il pesce non ci faccia male, siamo attenti alla lunghezza, al peso, alla quantità massima, e ci assicuriamo anche che il pescato rientri nella stagione. La questione delle misure è seria, al punto che l'industria della pesca ha la propria "regola aurea" – uno strumento ufficiale calibrato per misurare la lunghezza di un pesce. Guai a chi viene trovato con un pesce sotto o sopra la dimensione prescritta. Il pescatore si sforza di avere la migliore risposta alla domanda di routine, "Hai preso qualcosa?". Se la risposta è affermativa alla domanda successiva sulla dimensione si risponderà con una vanteria.
Entrambe queste attività hanno criteri circoscritti e molto specifici di quello che è considerato "buono" o "eccellente".
Perché lottiamo con concetti simili in sanità e in particolare nella cura del cancro?
È interessante che la sanità abbia rappresentato il 15,2% del PIL nel 2008.
La pesca (anche quando inserita nella categoria agricoltura, caccia, silvicoltura e pesca) è solo l'1,1% del PIL. L’industria della corsa non raggiunge neanche 1/100 di un %.
Se la sanità assorbe economicamente così tanto perché allora ci concentriamo così poco sulle caratteristiche di qualità, valore o risultati nel settore sanitario?
Definire qualità, valore e risultati
La mancanza di attenzione nella misurazione sistematica della qualità e del valore in oncologia è diventato particolarmente evidente lavorando con il comitato direttivo dell’organizzazione Oncology Medical Home (OMH) sul suo obiettivo di definire 16 indici per qualità, valore e risultati nella cura del cancro.
Questo approccio trasversale ed equilibrato alla definizione dei fattori determinanti per la cura del paziente, l'utilizzo delle risorse, la sopravvivenza e l’assistenza di fine vita, può risultare impegnativo, ma il suo tempo è scaduto.
Per esempio, dato che la mia passione è la vita all'aperto la mia speranza è di morire mentre corro, pesco o semplicemente cammino su un sentiero. Per un malato di cancro, la speranza è di poter lasciare questa terra circondato dalla famiglia o dagli amici, in un ambiente accogliente e noto - serenamente e tranquillamente. Morire a casa sembrerebbe essere la scelta di tutti, potendo scegliere. E non c'è miglior indicatore della qualità della vita, alla sua fine, del luogo della morte.
Tuttavia, sembra che il Registro di morte nazionale non riporti un "luogo" di morte. Il certificato di morte standard include le seguenti scelte per il luogo della morte: "ricovero ospedaliero, pronto soccorso o rianimazione; casa di cura/riposo, residenza o altro (specificare)". Sembrerebbe utile includere questo dato nel Registro di morte nazionale e accettarlo come un indicatore di qualità e valore per tutti i servizi sanitari, non solo oncologici.
Questa sembra essere una soluzione semplice.
L’analisi sulle discussioni nelle cure di fine vita è un po' correlata.
Il paziente e la sua famiglia hanno bisogno di un dialogo aperto e onesto per quanto riguarda il suo stato attuale, i suoi desideri e come si terrà fede ad essi. Questo va oltre la semplice domanda di chiedere a un paziente se è pronto a ritornare al creatore.
Uno dei numerosi progetti che tentano di porre rimedio a questo problema è:
il programma dei “5 desideri”.
Questo percorso investiga le aree riguardanti: lo stabilire chi prende le decisioni, le preferenze sul trattamento medico, i livelli di comfort soggettivi, le priorità nelle interazioni con gli altri e le ultime volontà.
Il programma fornisce indicazioni specifiche su come condurre queste conversazioni.
I dottori John Sprandio (Pennsylvania) e John Fox (Michigan) hanno indicato che quando si affrontano questi argomenti, e lo si fa al momento giusto, i pazienti decidono di interrompere il trattamento aggressivo del tumore. Il risultato finale è un’assistenza terminale più tranquilla. Anche se alcuni pazienti (o familiari) possono respingere queste conversazioni, qualsiasi team sanitario incaricato di gestire una malattia terminale dovrebbe invitarli ad accettarle. Quando ciò viene fatto correttamente, si lascia aperta la porta ai miracoli, ma il paziente e la famiglia si rivelano in grado di prendere decisioni informate per quanto riguarda la loro cura.
I fornitori di cartelle cliniche elettroniche dovranno migliorare i loro campi di acquisizione dati da un semplice “direttive anticipate – Sì/No” ad un approccio più dettagliato ed esauriente a questa domanda se vogliamo migliorare la cura e la comprensione.
Ci dovrebbero essere linee guida simili per le specifiche dei programmi di cura e dei piani di sopravvivenza nel cancro.
Un'altra pietra miliare nell’oncologia centrata sul paziente fu il sostegno, da parte del comitato direttivo COA (Community Oncology Alliance), a che tutti i centri oncologici calcolino i propri tassi di sopravvivenza a 5 anni per i tumori della mammella, del colon e del polmone.
Ciò è assolutamente logico ed è una misurazione da attuare.
Come ex direttore di un centro oncologico, spesso mi sono chiesto cosa avrei risposto se mi fosse stato chiesto il nostro tasso di sopravvivenza a 5 anni per il cancro al seno di stadio 3. Sembrerebbe una domanda logica e ragionevole, ma che attualmente non ha alcuna risposta, almeno non per un singolo centro oncologico. I tassi di “sopravvivenza”, da soli, non sono necessariamente una buona indicazione di qualità, specialmentese un paziente è stato mantenuto in vita con mezzi artificiali e contro la volontà sua o della famiglia.
Ma questo dato, se combinato con altri parametri e indicazioni, può essere molto utile per i pazienti e le loro famiglie nella pianificazione e per festeggiare tappe significative.
Utilizzo eccessivo dei servizi ospedalieri
Una delle misure più sfuggenti, ma di grande importanza nell’ambito dei costi è l'uso, o l'abuso, dei servizi ospedalieri.
Alcuni pazienti e sanitari sono affrettati nell’utilizzare queste costose risorse ambulatoriali, di ricovero o di pronto soccorso piuttosto di un meno costoso esame o procedura domiciliare.
Gli enti governativi e commerciali che pagano concordano che l'uso eccessivo di tali risorse rappresenta una spesa cospicua e che potrebbero esserci risparmi di tempo e denaro sia per l’ente che paga sia per il paziente.
La sfida per limitare questo uso improprio delle risorse è che la persona che dovrebbe sapere di questo utilizzo, il medico domiciliare del paziente, non sempre sa quando si verifica. Il personale dell'ospedale sarà il primo a sapere, l’ente che paga per il paziente può essere il secondo, ma la persona che deve sapere in primo luogo, il medico del paziente, può non sapere se o quando questo evento si verifica.
Alcune compagnie di assicurazione stanno fornendo incentivi finanziari per frenare inutili visite in pronto soccorso o ricoveri. Ecco perché il comitato direttivo di OMH e COA ha avallato questa misura.
Forse abbiamo bisogno di modificare il concetto di “precertificazione” e inserire il medico domiciliare del paziente come autorità che autorizza prima che questi servizi siano resi. Questa modifica procedurale permetterebbe all’équipe di cura del paziente di intervenire con, si spera, una soluzione più efficiente e favorirebbe anche la relazione tra il paziente e il suo medico domiciliare. Solo allora saremo in grado di misurare e comparare l'utilizzo di queste preziose risorse e premiare le équipe di cura che le utilizzano in modo appropriato.
Applichiamo la nostra “regola d’oro”.
Altri settori sembrano avere un vantaggio iniziale nel definire la qualità.
L’assistenza sanitaria e in particolare la cura del cancro, sembra essere l'ultimo settore a definire, misurare, valutare secondo parametri di riferimento e promuovere la qualità, il valore e i risultati positivi.
Forse è perché siamo stati impegnati a prenderci cura degli altri che non siamo stati in grado di concentrarsi su questo compito immane. Ora potrebbe essere il momento di applicare una nostra “regola aurea” nella misurazione della qualità e del valore nella cura del cancro. Dopo tutto, come a volte mi viene ricordato, nella vita c'è più che correre e pescare.
vai al documento originale>> Measuring Quality Cancer Care
pubblicato il 7 maggio 2013 su AJMC.com (Managed Markets Network)
Director, Strategic Practice Initiatives, Community Oncology Alliance in Washington, DC