Nelle unità di cura intensive molti pazienti raggiungono la condizione terminale a causa del progredire della malattia. Molti di questi pazienti sperimentano uno stato di demoralizzazione, ansia e depressione. Jerome Frank ha introdotto il termine... |
...
"Sindrome da demoralizzazione" come uno stato di incapacità di reagire, accompagnato da sentimenti di profonda infelicità, perdita di speranza, perdita di senso nonchè un senso di incompetenza e di bassa autostima.
Abbiamo riscontrato che la Sindrome da demoralizzazione spesso non viene riconosciuta nelle unità di cura intensiva da parte dei medici e degli altri operatori della cura.
La Sindrome da demoralizzazione venne descritta circa un decennio fa da Kyssane, distinguendola dalla depressione o altre patologie psicologiche.
Le caratteristiche principali della Sindrome da demoralizzazione comprendono un distress esistenziale, perdita di senso, dolore legato alla perdita di dignità, ed un senso soggettivo di impotenza e infelicità. Questa sindrome è spesso associata al desiderio di morte o di suicidio.
Abbiamo osservato numerosi fattori che possono contribuire allo sviluppo della Sindrome da demoralizzazione. La natura della relazione con i medici, infermieri, terapisti respiratori, ecc, può essere uno dei fattori chiave.
Molti operatori della cura possono non essere consapevoli o addirittura non comprendere affatto i processi emotivi delle persone morenti e delle loro famiglie. Molti medici e infermieri delle unità di cura intensive sono infatti oberati e si focalizzano soprattutto sugli aspetti tecnologici della cura trascurando gli aspetti relazionali. Inoltre, la pratica corrente di coinvolgere più medici nelle unità di cura intensiva può indebolire la relazione medico-paziente.
La consulenza di più specialisti comporta che essi si concentrino sull'organo più che rivolgere l'attenzione al paziente come una persona.
In aggiunta, spesso il team di cure palliative viene coinvolto tardivamente in questo processo, il che comporta poco tempo a disposizione per instaurare un rapporto di fiducia con il paziente e con i familiari. Una volta coinvolto il team di cure palliative, i medici delle "cure attive" tendono a prendere le distanze, a discapito delle aspettative dei pazienti e delle loro famiglie per i quali essi rimangono i punti di riferimento della cura.
Oltre a ciò, molti centri di cura utilizzano infermieri per brevi periodi, il che comporta mancanza di continuità della cura, perdita di fiducia ed una relazione indebolita.
Molti centri utilizzano anche medici specializzandi o infermieri in tirocinio, al fine di aumentare il profitto. Questo però ha un impatto negativo sulla qualità delle cure.
Nel nostro centro noi enfatizziamo l'importanza di avere operatori della cura competenti e con esperienza nella gestione del dolore, psicologia, etica e cura spirituale, in modo da ridurre la Sindrome da demoralizzazione.