Se nel 2006, 115 paesi su 234 a livello mondiale (49%) avevano uno o più hospice/servizi di cure palliative, nel 2011, 136 sui 234 paesi (58%)(+9%) rispetto al precedente dato. hanno ora uno o più hospice e servizi di cure palliative, con un incremento di 21 paesi

 

Sempre nel 2006, 156 paesi (67%) erano attivamente impegnati nel fornire un servizio hospice/di cure palliative o nello sviluppare il quadro entro il quale tale servizio sarebbe stato fornito. Nel 2011 c'è stato un lieve incremento: 159 paesi (68%), con un aumento pari all’1%.

Nel 2006 non vi era notizia di attività di cure palliative in 78 dei 234 paesi (33%), ma entro il 2011  si è scesi a 75 (-1% = 3 paesi). Mentre il numero dei paesi che dimostravano una capacità potenziale nel 2006 è stato di 41 (18%), nel 2011 questo numero è sceso a 23, pari al -8%.

I paesi che disponevano di hospice/cure palliative nel 2006 ammontavano a 80 (34%), mentre nel 2011 il loro numero raggiunge 91 (39%), per raggiungere un buon livello di integrazione nei servizi sanitari, solo 20 paesi (8,5%) hanno effettivamente raggiunto questo obiettivo. Infatti, nel 2011 il numero totale dei paesi con un più elevato livello di sviluppo è 45 (19%), invece dei 35 (15%) del 2006, con un incremento di 10 paesi (+4%).

Un’analisi regionale sullo sviluppo delle cure palliative tra il 2006 e il 2011 indica che le aree più coinvolte nel cambio di direzione sono state : l’Africa (+9 paesi); il Medio Oriente (+5 paesi) e le Americhe/Caraibi (+3 Paesi).

In Medio Oriente, un buon esempio di sviluppo è rappresentato dal Libano, grazie all’apertura di un’unità di cure palliative a Beyrouth da parte di un’organizzazione religiosa.

In Africa, molti progressi sono stati avviati dalla Palliative Care Association (APCA), validamente sostenuta tra gli altri da finanziatori quali The Diana, Princess of Wales Memorial Fund e l’Open Society Foundation International Palliative Care Initiative (IPCI).

In Angola la APCA ha condotto uno studio esplorativo e iniziato alcuni contatti che hanno portato alla costituzione di un servizio.

In Ghana un’associazione di cure palliative è stata costituita e una serie di servizi sono sorti.

In Etiopia, Namibia, Ruanda e Sudan una infrastruttura di cure palliative è stata sviluppata e sono forniti isolati servizi di cure palliative, anche se di un basso livello; in Costa d'Avorio si è realizzato lo stesso sviluppo. Paesi come Malawi, Tanzania, Zambia e Zimbabwe hanno avuto uno sviluppo grazie alla collaborazione della APCA con altri partner.

Altri progetti sono attesi nei paesi dell’Alleanza africani: Botswana, Camerun, Marocco e Nigeria.

Tuttavia, è ancora sconosciuto l'impatto che nel 2012 avrà il ritiro del sostegno in Africa da parte del The Diana, Princess of Wales Memorial Fund Africa sul continuo sviluppo delle cure palliative in questa regione.

 

Il progresso è anche riportato in un certo numero di paesi della CEE/CSI grazie al sostegno prolungato di finanziatori internazionali, come la IPCI.

La Slovacchia ha creato una serie di hospice nel paese; reso disponibili un numero di posti letto hospice in ospedali e cliniche universitarie; implementata gradualmente la formazione in cure palliative nel post-laurea per i medici e in fase universitaria per gli infermieri; istituita la cattedra di medicina palliativa universitaria; assicurata una buona disponibilità della morfina; infine la presenza di una associazione nazionale per le cure palliative (Slovakian Association of Hospice and Palliative Care) più un’altra organizzazione, la Chapter of Palliative Care of Slovak Society for Study and Treatment of Pain, coprono le esigenze educative sia di medici che di infermieri.

La Serbia grazie ai tre anni di strategia nazionale per lo Sviluppo Cure Palliative, aumenterà sostanzialmente il numero di unità di cure palliative in ospedale/a domicilio in tutto il paese, fornendo l’istruzione e la formazione sia per gli operatori sanitari che alle famiglie dei pazienti, migliorando la disponibilità della morfina orale e di altre forme di oppiacei e, infine, giungendo all’integrazione delle cure palliative nel sistema sanitario serbo.

In Europa occidentale, in Lussemburgo è aumento il numero di hospice e unità di cure palliative, come le iniziative di educazione e formazione; questo progresso è stato realizzato anche grazie all’introduzione di una nuova legge in materia di cure palliative nel 2009.

Infine, per le Americhe/Caraibi, in Uruguay il numero di hospice/servizi di cure palliative è aumentato e le cure di fine vita sono ormai riconosciute nel Programma Sanitario Nazionale; è stato introdotto un Diploma in cure palliative nell’università statale, come programmi di cure palliative nei corsi di laurea di altre università, infine l'associazione nazionale è in rapido sviluppo, così come la disponibilità di oppioidi.

Al contrario, in Argentina nonostante le cure palliative negli ultimi 20 anni avessero avuto un buon sviluppo, i servizi non sono ben distribuiti e hanno standard di qualità molto disomogenei.

 

per approfondire la tematica scarica il documento >> Worldwide Palliative Care Alliance

MAPPING LEVELS OF PALLIATIVE CARE DEVELOPMENT:  A GLOBAL UPDATE 2011

"Come medici, siamo coinvolti nelle storie di vita dei nostri pazienti. A volte quali testimoni raccontando la loro storia attraverso una cartella clinica. Altre volte, come protagonisti della storia.” - Dr. Abraham Verghese, autore, medico e docente.

Ascoltare attentamente la storia di un paziente, in grado di fornire importanti informazioni cliniche, aiuta il medico a fare una corretta diagnosi.

Lo studio della letteratura e delle arti consente di sviluppare e consolidare le abilità di osservazione, analisi, empatia e auto-riflessione, che sono essenziali per una cura medica più umana e in ultima analisi più efficace.

Negli ultimi 20 anni, molte scuole di Medicina negli Stati Uniti e di altri paesi hanno istituito programmi di medical humanities, anche se non sempre identificati con questa dicitura. Questi sforzi offrono al sistema sanitario, che è sempre più guidato dalla tecnologia e che può presentarsi impersonale e disumanizzante, un’opportunità opposta.

Da tempo immemorabile, gli esseri umani hanno usato le storie per comunicare e dare un senso alla loro esperienze…."Le storie diventano un testo che le persone hanno in comune, e questo permette una conversazione che non si potrebbe realizzare in caso contrario" dichiara la dottoressa Linda Raphael, direttore della Medicina Narrativa/Medical Humanities in programma alla George Washington University. Tali conversazioni – continua - "consentiranno una positiva ambiguità, in quanto sono diversi i modi di vedere le cose, tutti o molti dei quali hanno un valore, e non esistono risposte assolute."

L’Ambiguità spesso affiora nella pratica medica, anche se raramente è affrontata nella formazione universitaria tradizionale che enfatizza la conoscenza oggettiva e la competenza tecnica.

Le storie consentono inoltre di aprire alla discussione di questioni spinose, come il dolore e la sofferenza umana, la morte e il morire, il disagio emotivo e il burnout...

"La cultura medica è così concentrata ad agire in modo che le interazioni con i pazienti, almeno in ambiente professionale, siano sempre più tecniche", ha detto il dottor Alok Khorana, che ha sviluppato una corso di narrazione per i tirocinanti di oncologia presso l'Università di Rochester, "Quindi è difficile avere 10 o 11 medici attorno ad un tavolo e chiedere loro di condividere i loro sentimenti…. si usano le narrazioni quali punti di partenza. "

Nel corso di specializzazione in oncologia presso l'Università di Rochester, la narrazione è stata aggiunta al curriculum formale nel 2009, ed in questo spazio didattico il Dr. Khorana e i suoi colleghi, Drs. Michelle Shayne e David Korones, si concentrano sui racconti redatti da medici e da pazienti. Questi tre docenti hanno infatti recentemente pubblicato in un articolo sul Journal of Clinical Oncology la loro esperienza formativa, allegandovi il curriculum del corso

"L’Oncologia è una scienza molto difficile, perché non tratta solo decisioni mediche; tu sei di fronte a numerose questioni complesse, specialmente quando si tratta di problemi di fine vita" ha detto il Dott. Khorana. Questi temi sono onerosi non solo per i pazienti e le loro famiglie, ma anche per i medici, ha osservato, e "non c'è spazio per i principianti in questo tipo di discussioni."

"Il tema generale del corso"- ha continuato - "è di permettere l'espressione e la formazione nella comunicazione medico-paziente, perché alla fine tutto si riduce alla comprensione che i pazienti hanno una storia da raccontare che il medico ha il privilegio di ascoltare. "

Il Dr. Rohit Sud, un oncologo di uno studio privato e medico di un ospedale a Chandler, Arizona, è stato tra i primi a partecipare a questo percorso formativo. "Una cosa importante che ho appreso dalle narrazioni"- ha dichiarato - "è la capacità di relazionarsi con ciò che i pazienti hanno effettivamente sentito, e come hanno attraversato le diverse fasi di accettazione della diagnosi di cancro." … "Il curriculum medico è realizzato in modo tale che devia, concentrandosi sulla malattia e il suo trattamento, mentre lascia il paziente e la sua cura per strada"- ha aggiunto il dottor Sud - "nel tempo si diventa un medico programmato a fare le cose, e penso che sia importante comprendere come si fanno le cose, ma questo è ciò che manca."….

 

 

….inoltre, l'area delle Medical Humanities affronta concetti soggettivi, come l'empatia, il cui valore non può prestarsi ad essere valutato secondo i modelli usuali di analisi oggettiva delle conoscenze mediche. La dr Raphael dichiara "la questione non dovrebbe essere tanto se si deve applicare questo a tutti, ma se le letture, i film, la scrittura riflessiva, e le discussioni funzionano davvero? Quali di questi hanno un impatto su un lungo periodo di tempo?"

Per lei e altri, il valore della formazione medica basata sulla narrazione è evidente.

"Penso che sia importante essere illuminati circa le sfumature delle emozioni e delle questioni morali" - ha detto - "Coloro che non esprimo i numerosi problemi umani che sono presenti nella pratica medica, tra cui l'etica professionale, i rapporti con i pazienti e colleghi, e le loro risposte a situazioni personali, possono essere resistenti ad aprirsi a questi argomenti. Questo tipo di formazione invita ad affrontarli, per avere una maggiore comprensione di sé, e per non chiudersi a queste tematiche".

 

National Cancer Institute September 6/ 2011, Volume 8/Number 17

per saperne di più >>

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